La regista Luciana Stano ha voluto omaggiare il commediografo del Teatro napoletano che proprio in questa “Miseria e Nobiltà” aveva compiuto la sua riforma con l’invenzione e la consacrazione del personaggio di don Felice Sciosciammocca, prototipo del napoletano piccolo borghese che sostituisce Pulcinella, maschera d’altri tempi.
Il tema della commedia è la fame che, a distanza di 130 anni dalla nascita del lavoro di Scarpetta, continua ancora ad esserci: la fame di lavoro, la fame
di rivalsa, la fame di giustizia, quella fame che, soprattutto nel Mezzogiorno, se non soddisfatta può provocare grandi sconvolgimenti. E’ celebre il finale del primo atto.
Tutti in scena siedono avviliti perché ogni tentativo di procurarsi da mangiare è fallito; improvvisamente un cuoco e due sguatteri entrano portando ogni ben di Dio, nessuno si chiede da dove provenga tanta grazia ma tutti scattano come molle avventandosi sugli spaghetti fumanti. E’ la scena che rappresenta e riassume, grottescamente, non il dramma di due famiglie ma la secolare tragedia di un popolo.
Miseria e nobiltà si mescolano fino al punto che la prima diventa la seconda se vissuta con onestà e orgoglio e la seconda diventa la prima se vissuta con arroganza e disprezzo. È un testo brillante e sentimentale che ha nel rapporto con la tradizione il suo punto di forza: la fame di Pulcinella, la famiglia e la condizione sociale, le maschere e i travestimenti, le beffe e gli apparenti lieto fine.
Commedia estremamente comica, è uno spettacolo da non perdere, un capolavoro nel panorama del nostro teatro contemporaneo e un’occasione da prendere al volo per chi, come Felice e Pasquale, abbia fame … ma di buonumore!
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