Siamo al paradosso! Ma siamo anche davanti ad una superficialità culturale enorme. Credo che bisognerebbe sempre conoscere per poter evitare una parola offensiva e oltraggiosa o una parola leggera. Mi riferisco all’articolo che Mario Giordano ha scritto su “Libero” (15 Luglio 2016) in riferimento alla tragedia dello scontro tra i due treni in Puglia.
Prima Pagina Libero 15/07/2016
Mi chiedo come si possono fare delle affermazioni categoriche come: “La tragedia del treno causata da tre ciotole. Tutta colpa degli archeologi”. Non un punto interrogativo che sarebbe stato anche grave e nessuna spiegazione. Articolo di apertura in prima pagina.
È una vergogna ed è una mistificazione culturale profonda. Sono indignato. Non poco. A pensare che “Libero” è uno dei cinque giornali della mia mazzetta quotidiana.
Archeologi noi, siamo degli assassini! Un titolo sfrecciato e sfregiante. No, non è possibile raccogliere queste sfide in una Italia dove si muore di burocrazie e dove la politica è diventata il male assoluto sul vero senso del termine, in un’Italia di mediocri, di illusi, di relativisti, di pavidi… di cambia camicie, di superficiali, di pressappochisti, di incolti…
Si lascia passare uno sfregio del genere e mi meraviglio che un direttore come Vittorio Feltri abbia dato l’ok per questo titolo, essendo lui il direttore. Per ciò che mi riguarda, e lo dico con la mia consueta onestà intellettuale e sincerità umana, il colpo è doppio. Non solo perché si infanga una categoria di intellettuali che lavora giorno e notte per l’archeologia e per i beni culturali, ma perché io mi ritenevo amico sia di Giordano che di Feltri. No, non si fa. È cattivo giornalismo ciò.
Io sono un archeologo che si occupa di discipline etno – storiche ed etno – archeologiche applicate agli studi dei territori etnici, ma con una esperienza anche sul campo in tempi passati. Sono infelice di quello che hai (o che ha) scritto e di come hai strapazzato la nostra professionalità. Non si fa. Non si fa per deontologia nei confronti di un mondo che fa ricerca, che studia i territori, che porta immagine e ricchezza identitaria alle comunità, ma poi quali responsabilità dovrebbe avere un archeologo?
E non si punta l’indice facendo un nome in un clima di tragedia, di morte, di errori umani e strumentali, davanti ai familiare delle vittime in un dolore che accomuna e che dovrebbe essere inclusivo dei valori di una cultura dell’umanesimo. Dialogando di questo con mio figlio Virgilio mi ha mandato un messaggio incisivo: “Che fai come intellettuale? Il mio pensiero è irrilevante, ma ti posso dire, citandomi il mio e spero anche il suo Cioran,che ‘nei momenti critici una sigaretta porta più sollievo che i Vangeli’”). Mio figlio legge attentamente quello che scrive e segue quotidianamente “Libero”.
Non si fa citando tra virgolette i frammenti ceramici del Neolitico come se per causa di questi frammenti sia arrivata una immane tragedia. Ma questo è un popolo, quello del Sud, che ha vissuto di dignità e di cultura, di fatica di esistere e ontologia dell’essere.
Questa accusa non è solo grave. È pericolosa. Non è solo pericolosa. È dolorosa e le parole, aveva ragione Carlo Levi, sono pietre. Soprattutto quando vengono scritte in maniera cubitale lanciando una sfida, ma a chi?
“Libero” ha lanciato pietre per cercare responsabili inesistenti? Vero una sigaretta vale più dei Vangeli? Ci si rende conto di cosa ha suscitato nel sottolineare, marcando poi all’interno dell’articolo stesso, quella “colpa degli archeologi”. Bisogna essere seri davanti alle tragedie. E questo fatto non ha né serietà né tanto meno consapevolezza di ciò che potrebbe innescare. E tutto questo mentre ancora si estraggono i morti dalle macerie. Un po’ di responsabilità sul piano dell’umanità, della cristianità, dell’essere uomini. Ma si crede veramente che un archeologo possa esercitare un tale potere in un’Italia come la nostra oggi?
Gravissimo ciò che è stato scritto. Per molto poco un giornalista viene ridimensionato o dimesso. Credo che Mario Giordano abbia offeso non solo gli archeologi, ma anche i giornalisti stessi che svolgono con acutezza un mestiere che dovrebbe anche educare.
Pierfranco Bruni