Avetrana e i riti della settimana Santa tramandati nei secoli tra religione e piatti tipici. La lavanda dei piedi al giovedì santo caratterizza l’inizio della settimana santa con antichi riti religiosi. Anticamente il giovedì santo vi era l’usanza liturgica di legare le campane delle chiese e le sonagliere dei cavalli, evitando qualsiasi tipo di “disturbo” in rispetto di queste giornate di preghiera, per poi risuonare a festa il giorno della risurrezione appunto, la Pasqua.
La settimana santa contraddistingue i giorni prima della Pasqua facendo rivivere agli avetranesi il senso più vero di religiosità, ritrovandosi nelle confraternite presenti in paese ad accompagnare nella processione del venerdì santo la statua di Gesù nel santo sepolcro seguito dalla Madonna Addolorata portata a spalla dai fedeli.
E’ una processione molto sentita in cui si condivide la passione e le ultime ore del figlio Gesu’. Nelle parrocchie di Avetrana e nella chiesa di Torre Colimena i fedeli si riuniscono la sera del sabato santo per assistere alla veglia di preghiera e inneggiare con i canti a Gesù risorto.
A questi riti religiosi si uniscono le tradizioni culinarie con la preparazione della “puddhica” con l’uovo che e’ una ciambella con un uovo sodo intrecciato all’interno, preparata con ingredienti semplici quali farina, acqua, lievito e sale. La forma a ciambella della “puddhica” serviva ai viandanti e ai pastori che nei loro spostamenti la inserivano nel bastone.
Al giorno d’oggi la tavola di Pasqua è ricca di ogni leccornia ma in passato, quando a causa delle ristrettezze economiche ci si poteva permettere poco si preparava “lu brodu chinu” ossia un piatto a base di pollo, con uova, pane e formaggio, passato al forno. Vengono preparati anche dei taralli speziati al pepe. “Lu brodu chinu” e le “puddhiche” saranno consumate dalle famiglie avetranesi durante il giorno della Pasquetta in riva al mare, piuttosto che all’ombra di ulivi secolari in campagna tra amici, condividendo una giornata in allegria ed augurando a tutti una buona Pasqua.
Salvatore Cosma