Comincio con gli auguri e i complimenti al presidente uscente e riconfermato Sergio Mattarella. Ovvero Mattarella bis. Non un incipit soltanto. Una riflessione andrebbe sottolineata. Credo che in questa faccenda presidenziale repubblicana ci siano due perdenti di ferro, consolidati, ovvero Salvini e Forza Italia, da una parte, ormai accodati al centro e a ciò che resta del fu centrosinistra vecchia demagogia e la maggioranza che credeva di avere – possedere il presidente del consiglio Draghi.
Ci sono due vincitori di acciaio, ovvero nuovamente Renzi che, pur non puntando inizialmente alla riconferma di Mattarella, batte in volata tutto il centro che diceva di collocarsi a destra e batte parte del Pd che ha tentato di fare melina fino all’ultimo insieme ad un Conte completamente inesperto di politica e l’altro vincitore (vincitrice?) è la Meloni che resta ormai l’unica interlocutrice a destra.
Ma il fatto non è comunque di chi vince e di chi perde. È la sottomissione del senso della politica alla morte del pensiero politico. L’epilogo era naturale, già scritto, già definito in quella visione della decadenza di un passaggio che è diventato epocale che va dalla politica come pensiero alla strategia per non perdere quel che si chiama potere acquisito.
Non sto da nessuna parte ormai, ma osservo con lo sguardo rivolto alla storia della sconfitta del realismo politico con una finestra semi aperta alla decadenza della politica stessa. Però la politica non è fatta soltanto di pensiero ma anche di uomini che dovrebbero svolgere un compito sulla politica.
In Italia non manca da oggi. Dopo il 1945 credo che sia il momento più ridicolo che si sia potuto vivere quello al quale abbiamo assistito in questi giorni.
Non si tratta di sdoganamento o di sdoppiamento ma di incapacità di saper affrontare le crisi con l’intelligenza di cui la politica ha bisogno.
Non si tratta neppure di trasformismo. C’è sempre stato e sempre ci sarà. Non solo in politica. Ma piuttosto si tratta di tecnicismo di cattivo gusto. È chiaro che chi ne esce spezzato è il movimento o partito della Lega e il grillismo.
La solidità ideologica non ha perso di consistenza. Infatti il mondo catto – politico ha retto benissimo come ha retto bene gli estremi della sinistra. È una constatazione. O meglio hanno retto le tradizioni che fanno capo a questi due indirizzi.
In fondo il presidente Mattarella sette anni venne eletto da questi indirizzi che oggi si sono allargati ma non per il “bene del paese”, ma per non perdere spazi che nel corso di questi anni si sono allargati. Era logico che la maggioranza di governo non poteva cedere angoli a nessuno. È questa che oggi ha cercato di consolidarsi.
Non so cosa accadrà domani. Non è vero che la politica della crisi governa con lungimiranza. Tutto il contrario. Il parlamento ha messo in mostra la prassi partendo da un presupposto cartesiano che era molto caro alla sinistra di un tempo remoto. Giustamente, dico.
Davanti a Cartesio come presupposto ha perso Popper. La politica, pur essendo in ombra a questa dicotomia, ha messo in moto, involontariamente, una tale constatazione che apre una caduta endemica del valore della politica.
Ma la politica è fatta realmente dai partiti? Da questi partiti? Ormai, anche se lo si dice da anni, la politica è morta. O meglio, quella politica alla quale la mia generazione era abituata a vivere. Ma le società mutano e muta l’antropologia stessa della politica.
Non bisogna scandalizzarsi più di tanto. Cambia tutto? Forse l’unico vincitore resta Tomasi di Lampedusa con il suo “Gattopardo”? Vogliamo che tutto possa cambiare affinché nulla cambi realmente…
Pierfranco Bruni