Vedo l’estate degli anni ’60. L’estate del mio paese è un bicchierone d’orzata, un chinotto, una grattugiata con la spremuta di limone, un’aranciata “fatta in casa” con la cartina, una bevuta d’acqua fresca preparata con le bustine dell’Idrolitina. E’ il lungo sorseggiare dall’otre di creta che si chiama mmìli (precursore del frigorifero). E’ una bevuta alle fontanine di mussoliniana memoria.
L’estate del mio paese vuol dire Marcello, il garzone del bar vestito con una striminzita giacca bianca e con un goffo berretto a mo’ di muratore che circola in sella ad un veicolo a tre ruote su cui alloggia il deposito-arsenale dei suoi prodotti al grido: «Gelati, cremolati, grattugiate… ». Un cono di gelato “fatto a mano” costa non più di venti lire.
L’estate del mio paese vuol dire Campomarino. E’ gettarsi nelle acque della nostra marina, tutti i giorni e in tutte le ore. E’ andare ad occupare la «nostra spiaggia» nei pressi dei camerini a sinistra del porticciolo, vale a dire la spiaggia popolare, quella destinata ai maruggesi. L’altra spiaggia, quella a destra, è riservata ai Signori di Manduria. La spiaggia dell’élite manduriana è più civettuola rispetto a quella proletaria di Maruggio. La spiaggia “di destra” ospita seducenti e disattente mammine, quella “di sinistra” ospita le mammone impegnate a sorvegliare le figlie corteggiate dai bellimbusti giovanotti di passaggio sull’arenile. I camerini, però, sono “nostri”. Sono situati a sinistra del porto. Hanno l’apparenza delle «case chiuse». Le cabine, fatte costruire da ‘Ronzo ti Marina [Oronzo Saponaro] sono tavolati, pitturati alla meglio, sostenuti da pali di ferro allo scopo di fungere da spogliatoi. La privacy così è fatta salva. Macché! Bisogna fare i conti con i guardoni di turno: animosi adolescenti intenti a spiare. La tecnica per tentare di vedere le donne mentre si spogliano è semplice: cercare il buco (sul legno) o farsi un buco (col chiodo). Poi, quatto, quatto il “maniaco” avvicina l’occhio al legno crivellato e… guarda… col serio rischio di spiare una racchia o addirittura lu ‘Ronzu (guardia delle cabine e guardia del corpo delle signorine).
C’è quasi sempre un voyeur appostato a distanza che guarda entrare e uscire le signorine dal gabinetto interrato sulla piazzetta. Non è raro osservarlo, mentre scende le scale per raggiungere la porta dei cessi pubblici. Le ragazze in monochini non si aspettano e non si accorgono di essere spiate nel momento che si stanno spogliando. Il gabinetto pare sia stato costruito nel 1964 da «un privato cittadino senza licenza di costruzione». Bà! E i “bisognini fisiologici” dove vanno a scaricare? A mare, ovviamente. Ah, felice adolescenza…
L’estate dei miei anni ‘60 vuol dire veder radunati a sera i miei eterni amici (Mario, Peppino, Albertone, Cip e Ciop) sulla «rotonda» di Campomarino (all’anagrafe Piazzale Italia, ora Piazza Titanic), a “cazzeggiare” intorno alle quattro palme o ad ascoltare le canzoni dell’anno provenienti dal juke-box del «chiosco mobile» di Cosimino Giorgino, sovrapponendo la loro voce a quella del cantante preferito. Seduti in compagnia di una fresca Raffo ascoltano le canzoni degli anni ’60, che sono le più belle del secolo. Fino alle otto di sera, però. Non di più. L’ordinanza del sindaco, infatti, relativa alle «attività rumorose e moleste per la zona di Campomarino sono consentite dalle ore 8 alle ore 12 e dalle ore 17 alle 20». Intere generazioni le hanno cantate, ballando sulla “rotonda”, nelle balere, alla Conchiglia, a Montalto.
Ah, eterna adolescenza…
Tonino Filomena
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