Caro il mio mese di maggio…
immagino che sarai un po’ triste anche tu mentre fai le valigie consapevole di non aver fatto molto di quello che avevi lasciato intendere. Ma che ti succede? Che fine hai fatto? Sono io che sono cambiata o sei tu che ti stai allineando a questa situazione di indefinito e di precarietà in cui ci rotoliamo tutti abbracciati l’uno all’altro? Io ti ricordo diverso, quasi simile ai miei sogni: luminosi, chiari e azzurri come i cieli a cui mi hai abituato fin da bambina. Non c’era solo il profumo delle rose in quei giardini dove sono cresciuta; era un tripudio di colori, di suoni e soprattutto di speranza. Arrivavi tu ed era quasi fatta!Dimenticavamo il freddo, il buio e ci preparavamo a tutto quello che i nostri anni potevano immaginare di bello per quell’estate che ci avevi già presentato.Vestiti leggeri e pelle ancora chiara ma impaziente di essere scoperta.
Le interrogazioni erano quasi finite e gli insegnanti, stanchi anche loro, riprendevano sembianze umane e, a parte qualche interminabile e incomprensibile (almeno per me!) ora di matematica, quegli ultimi spiccioli di lezioni riuscivamo a farcele diventare interessanti proiettati già nell’aria tiepida e vociante che ci aspettava all’uscita.
I corridoi e le finestre della scuola come per magia avevano altri suoni ed altra luce, complici e consapevoli della nostra voglia di vacanza; l’allegria di cui li riempivamo era un tutt’uno con la limpidezza del cielo e del sole che ci aspettava là fuori.
Con gli anni mano a mano hai sempre avuto un ruolo di spartiacque, almeno per me, nello scorrere dei mesi: esserci dentro significava comunque essere di buon umore, aprire la bella stagione spalancando finestre e buoni propositi.
Anche qualche anno fa quando, proprio in un pomeriggio di uno dei tuoi giorni allungati ho avuto per la prima volta la certezza che sarebbe cominciato anche per me il dolore, tu eri lì a fare sfoggio della tua luce e dei tuoi colori ancora più luminosi e brillanti, quasi a farmi un dispetto e a marcare ancora di più il contrasto del nero della mia disperazione. Da quel giorno ho preso un po’ le distanze da te che mi avevi tradito perché potevi nascondere nella bellezza dei tuoi cieli, nel profumo dei tuoi fiori e nelle promesse di belle speranze, nuvole nere e piene di pioggia.
Non solo pioggia che lava ma pioggia che lascia il fastidio e il freddo che nessun vestito riesce ad asciugare. Adesso a distanza di tempo, da quando quella prima prova da “grande” ha aperto il varco alla consapevolezza di assenze inevitabili come la sequenza dei mesi, rimane la consolatoria e pacata promessa di una bella stagione che prima o poi dovrà arrivare.
Anna Marsella
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