Il mio paese era un saltellare di cose e un pullulare di persone, di arti e di mestieri. Era un continuo “agitarsi”. Se gli insegnanti delle elementari erano i “maestri di vita” e i preti i “maestri dopo la vita”, i lavoratori manovali erano i “maestri per la vita”. Durante il giorno si agitavano i venditori di scampoli.
Era tutto un andirivieni. Era un agitarsi di arti e mestieri, rigattieri e venditori. Si agitava l’inviso esattore, si agitavano le maestre d’asilo e le monache, i medici di famiglia Aquilino Favale e Pietro Saponaro. Si agitava la levatrice, Evelina Maccarini, per le agitate partorienti tutte a domicilio. Si agitavano i banditori, i tramizzani, i musicanti, le prefiche (vedi foto), i fiscolai, i sarti e le sarte, i mulinari e i fornai, gli ombrellai e gli orologiai. Si agitava il seggiaro e la conzacràsti Grazia Dilauro.
Si agitavano i cannizzari e i canistrari, i mondatori e i mietitori, gli acquaioli e i vinaioli, i compratori di morchia, aceto e fichi, i venditori di “neve” e di latte, gli jaticàri (pescivendoli), i venditori di scapèci e baccalà, i venditori di sangunàzzu, i carrettieri e i mulattieri, i paritàri e i truddàri , i costruttori di pozzi e cessi, gli arrotini e i facchini, i palamintàri, i ritrattisti, i trappitàri, i capillari, i nachìri, i cavatori di pietre e gli spaccapietre, gli spaventapasseri e gli spazzacamini, i contadini e le contadine, i mezzadri e i padroni, i barbieri e i baristi (vedi foto).
Era il mio paese.
Tonino Filomena
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