C’è sempre una dissolvenza. Una indissolubile dissolvenza. Nella vita delle generazioni che attraversano un tempo che sembra indelebile. Ma tutto è un trascorso. Tutto si consuma. Semplicemente il ricordo si trasforma in un’ombra oppure diventa l’immensa memoria. Ma la dissolvenza rimane e si fa tristezza, malinconia e nostalgia di una vita che vive i suoi “mancamenti” e le sue distanze.
Troppi! Sì, sono troppi le morti che segnano volontariamente e involontariamente il cammino. Troppi sono i suicidi ai quali stiamo assistendo. In questo contesto di “avanzi” di inquietudine la solitudine uccide. Si può morire di solitudine? Si può morire di un male, che veniva definito non molto tempo fa, “male di vivere”?
La “maledizione” dell’inquieto che abita la nostra anima. Non pochi! Troppe le morti volontarie che camminano accanto a noi. Anche nel nostro vissuto geografico. In questa terra di Magna Grecia che pur portandosi dentro la bellezza degli amori, l’estetica del vivere ci propone una scelta che non può essere bellezza.
Verrà sempre la morte, ci recitava Cesare Pavese, e quella morte avrà i tuoi occhi… Ma la dissolvenza tocca il tragico proprio nel momento in cui il respiro del fallimento occupa lo scenario.
Come fermare un destino di suicidio?
Più volte mi sono trovato a scrivere su questo tema. Più volte ho trafitto le ali alla morte che cerca di essere morte volontaria. Più volte ho raccontato la vita terribile delle vite maledette. Ma deve pur esserci un porto sicuro che vada oltre quello ungarettiano? Oh Capitano mio capitano… la nave va alla deriva e noi siamo ancora in un mare d’altura con un vento in tempesta…
Anche San Paolo ha vissuto il vento in tempesta eppure ha saputo sempre spiegare le vele perché nella sua voce c’era e c’è l’ascolto della Provvidenza, della Profezia, della Speranza…
Siamo troppo religiosi per comprendere fino in fondo la cristianità… Il suicidio non è mai un atto di coraggio ma neppure un gesto di viltà. I suicidi sono gli orizzonti ribelli e timidi come ha cantato De André riferendosi a Luigi Tenco. Ma c’è un suicidio della “disperanza”.
Come facciamo come faremo come potremmo fare a capire che ci cammina accanto potrebbe avere nel cuore il sonno della luce e le tenebre della solitudine? Il nostro è un tempo terribile e queste morti lo rendono maledetto.
Diamo gesti di Speranza, facciamoci speranza, diamo un senso alla pietà e parliamo scriviamo raccontiamo la speranza che si lega alla provvidenza… Non possiamo insegnare più le dissolvenze delle ideologie.
Dobbiamo essere i testimoni della carità dell’esistenza, perché l’esempio è l’eleganza di un esistere che va oltre le maschere. È vero, siamo tutti attori nel teatro Ionesco. Ma l’assurdo non è soltanto negli “altri”, non cerchiamolo soltanto negli altri… Scacciamolo del nostro quotidiano per offrire un sorriso e non più una tristezza…
Troppe le vite spezzate, ma troppe le incomprensioni vissute e le solitudini abbandonate in altre solitudini…
La luna può anche non illuminare il cammino. Ma ogni tristezza deve essere vinta e che il dio del Sole solchi le vite e gli sguardi della bellezza…
Pierfranco Bruni
Per scriverci e segnalarci un evento contattaci!