Dall’ultimo libro di Tonino Filomena (in corso di stampa) “Così parlò Napoleone – Considerazioni di un inattuale di periferia” – Capitolo “Della Neve e degli aristogatti”, riportiamo il seguente brano: «Napoleone ha un cane e due gatti. Il cane, anzi la cagnetta, è una nobile bastarda. E’ uno splendido incrocio tra un volpino e una lupa. Si chiama Neve perché bianca come la neve. Il maschietto dei gattini, anche esso di colore bianco, si chiama Elia. E’ l’aristocratico della famiglia. La femminuccia, di nome Tami (ovvero spezia) è originaria delle foreste norvegesi. Napoleone osserva Neve e si domanda perché la gente comune, pur allevando in casa un cane come un figlio, quando deve offendere qualcuno attribuisce il termine “cane” in senso spregiativo: “cane infedele”; “lavora da cane”, “è un lavoro da cani”, “scrive come un cane”; non parliamo poi se posto al femminile, spesso con riferimenti sessuali (“cagna!”). Napoleone si domanda perché il gatto non c’entra mai in tutto ciò? La risposta sta nella diversità metafisica delle due bestie. Il cane è un animale realistico; il gatto è un animale mitico, che è nato e vive nel mito. Il gatto sta ad un livello superiore. Lo stanno a dimostrare la storia delle religioni, dei miti, delle leggende, delle favole, del folklore. (…) Ecco forse uno dei motivi fondamentali per cui Napoleone apprezzava i suoi gatti: perché si comportano ed sono come lui cerca di comportarsi ed essere, nutrendo nei confronti dell’umanità i suoi stessi sentimenti. Il rispetto e la considerazione con cui tiene al suo felino è tutta concentrata sul fatto che Napoleone rimane una intera notte in poltrona, senza alzarsi e andare a letto, per non disturbare la Tami che gli si è addormentata in grembo. Tami filosofica, metafisica,“cugina della Sfinge”, “guardiana della Soglia”. Così parlò Napoleone, rendendo omaggio alla sua Tami» (nella foto in alto).
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