Cercare la bellezza non nella storia ma nei personaggi, ovvero nel destino dei personaggi. Riccardo Tanturri de Horatio (Napoli, 1 novembre 1944 – Roma 21 dicembre 2001) ha attraversato la letteratura sia come modello critico che come dimensione poetica e narrativa. Numerosi sono i suoi testi in cui il viaggio letterario diventa una testimonianza esistenziale. Il personaggio prima che la storia, dunque.
La poesia come un vero e proprio “incipit” di un progetto uomo – cultura. Ormai è da anni che lavoro sulla visione letteraria di Riccardo Tanturri e sempre più sono convinto che è un poeta importante che “cerchia” la lettura critica grazie al sua essere poeta.
I percorsi si intrecciano in una visione che è certamente finalizzata alla promozione culturale in intrecciare il verso – estetica con la osservazione critica. Ma in questa linea le parole della cultura recitano il vento di una letteratura dentro la vita. Così nella sua proposta sia critica che creativa. A partire dalle sue considerazioni dedicate a Tomasi di Lampedusa.
Raccontare la storia del Gattopardo innamorato, presente – assente, dentro la storia e penetrante nei sogni e nella decadenza che si fa mito e mistero è un percorso che Riccardo Tanturri, ideatore, fondatore del Premio Scanno, è riuscito a far rivivere tra le pagine di un suo bel libro dal titolo, appunto, che richiama un mosaico abbastanza articolato: “Il Gattopardo innamorato” (Rubbettino). Un tracciato che sarà uno dei temi letterari di cui si discuterà alla prossima edizione del Premio Scanno di settembre prossimo. La prima edizione senza la principessa Alessandra, consorte di Riccardo.
Cosa si racconta in questo (romanzo) saggio – narrato? Si racconta certamente la storia tramata nel romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa in un contesto che è quello che va dall’Unità d’Italia sino ai primi anni del 1900 ma soprattutto si vive una avventura di sguardi complici il principe di Salina e Angelica Sedara.
Il testo di Tanturri è un percorso da seguire tra i tracciati delle parole che recitano la vita e i destini in un equilibro tra critica letteraria e vissuto all’interno dei processi profondamente intrecciati tra la letteratura che si fa vita e la vita che cerca nella letteratura una chiave di lettura esistenziale.
D’altronde Tanturri segue con malinconica attenzione il personaggio centrale che è, appunto, il principe di Salina, don Fabrizio. Angelica e Fabrizio si domandano con lo sguardo l’attesa.
Non poteva essere diversamente considerato che Riccardo Tanturri ha intrecciato, nelle sue ricerche letterarie, motivazioni direttamente critico – letterarie ed elementi fortemente sviluppati sul versante creativo. Il suo ultimo testo è una plaquette di poesie dal titolo. “Azzurro, spring”, edita nella prestigiosa collana dei Libri di Scheiwiller.
Una metafora o forse un onirico immaginario, già a cominciare dal titolo, nell’amore che attraversa sempre la vita e i ricordi nel senso degli orizzonti delle nostalgie: “Ti vedo andare senza di me,/verso le tue speranze/e i tuoi amori,/la tua luna/che anch’essa scompare”.
Un “poemetto” postumo che vive tra i ricordi e le attese lungo i camminamenti della vita e di una sperimentazione che è rigorosamente linguistica. C’è, in fondo, una geografia dell’esistenza oltre che una geografia reale e dei luoghi. È come se le città scomparse rivivono con la loro intensa nostalgia. E rivivono. Continuano a vivere nonostante tutto. Le città scomparse sono dentro le nuove città. Scanno antica con il suo mistero e il suo fascino continua nella recita del moderno. La vita nella tensione dell’esistere: “Finché è dato/cercherò in ogni modo/di conservare la vita”.
Siamo antichi. Tutti siamo antichi perché abbiamo dentro di noi i segni indelebili dei nostri padri, delle nostre terre, del nostro inconsapevole conoscere. E ci dichiariamo in un incontro tra simboli. Così come nelle poesie tragiche di “Azzurro, spring”: “Qui in passato/ho creato qualcosa/e ancora voglio dare/per lasciare un segno!” (Riccardo Tanturri).
Noi abitiamo questi simboli perché in essi c’è l’espressione di un tempo che non c’è più e si decodifica come il perduto che ritorna nel presente attraverso la sensualità della memoria. Se la memoria non avesse sensualità resterebbe priva di passione. E il tempo va avanti e raccoglie altro tempo solo se c’è passione.
Antichi e nuovi dolori ma la vita è un costante cammino. “Amici miei, che frequentate/tal gente e tali case/vi devo salutare./Son stanco, ho sonno,/voglio riposare”. Ma resiste un interrogativo profondo che scava dentro il tempo della coscienza e recita: “Chi sa se mi resterà il tempo/di analizzare la mia vita?”. Ed è su questo interrogativo che la vita e la poesia si concedono dentro il misterioso che incatena il tempo al destino.
Una poesia che riporta al mistero dell’innamorato gattopardo. Riccardo Tanturri ha metaforizzato nel personaggio del principe Fabrizio un antico amore che è quello per la vita e per le stelle. L’”azzurro” riporta alle stelle. A quelle stelle che hanno un richiamo antico nella contemporaneità. L’innamoramento del Gattopardo ha aperto nuove prospettive alla stessa interpretazione del romanzo di Tomasi di Lampedusa. Quel “Gattopardo” che resta uno dei romanzi centrali di un Novecento che intreccia personaggi e storia, nobiltà e tempi moderni.
Non un viaggio soltanto tra le parole. Un viaggio tra epoche il cui paesaggio storico resta fondamentale come passaggio tra generazioni. Il poeta che parlava dei “simboli del malessere” si preoccupa della “fine della poesia” sino ad usare la metafora del gioco e delle spade con “Giocare alle spade”.
Metafore che lo hanno condotto a raccontare non più e non solo il destino del “Gattopardo”, bensì di un “Gattopardo innamorato”, in cui Angelica ha la bellezza che “intrappola” lo sguardo di don Fabrizio. Uno sguardo nella bellezza oltre la storia. Chiaramente la mia ricerca letteraria su Riccardo Tanturri prosegue.
Pierfranco Bruni