In uno scritto di Carmelo Spagnolo Rochira del 1934, intitolato “Una visita di Gioacchino Murat nel Salento”[1] è riportata la storia che a seguire si riassume: due giovani savesi si arruolano nella Grande Armata Napoleonica comandata da Gioacchino Murat (generale francese e condottiero, nominato Re di napoli da Napoleone nel 1808). I fatti si svolgono in questa maniera: nel 1812 Gioacchino Murat partecipa alla campagna di Russia al comando dell’ Armata Napoleonica, partendo per Mosca con un contingente di soldati del Regno di Napoli tra i quali figurano i due savesi. Questi due soldati alla fine della battaglia faranno ritorno in patria ma uno dei due, ferito in guerra, vi ritorna cieco e continua la sua vita facendo il suonatore di violino per le tarantate in Sava e dintorni.
Questa vicenda è raccontata anche da Giuseppe Lomartire in un suo articolo del 1982, apparso sulla rivista “Rassegna salentina” e intitolato “Due savesi con Napoleone in Russia”.
Nel testo del Rochira i due giovani sono identificati come Pasquale Prudenzano (1788-1867) e “un altro giovane compaesano, che si chiamava Daniele”: il Lomartire li identificherà poi, a quanto sembra erroneamente, come fratelli, dal momento che una successiva ricerca curata da G. Rossetti e R. Corrado[2] precisa che si trattava di due persone dal cognome differente. Il soldato che divenne cieco, difatti, si chiamava Daniele Mero (1792-1878).
Non sappiamo altro, al momento, della vita e della storia di Daniele come suonatore per le tarantate: è pur vero che non ho potuto visionare gli scritti originali di Rochira e Lomartire, ma non dovevano contenere molti dettagli in merito a questo aspetto, essendo concentrati sulla vicenda della spedizione bellica. Rossetti e Corrado omettono, a loro volta, di raccogliere particolari in merito, nella loro opera.
L’unica osservazione che possiamo fare in proposito è che siamo in presenza di un clichè tipico della storia dei musicisti delle tarantate, molti dei quali, appunto, erano ciechi: è il caso di Francesco Mazzotta di Novoli, citato da Giuseppe De Simone[3] dal De Martino ne La Terra del Rimorso, di “Pascali lu ciecu” di Lizzano che, si racconta, fosse divenuto cieco proprio a causa del morso di un ragno[4], del violinista tarantino “Ciotola” che nell’ 800 era una conosciutissima figura nell’ambito dei musicisti locali per le tarantate[5], del violinista cieco del quale racconta la Caggiano in un suo saggio, La danza dei tarantolati nei dintorni di Taranto.[6]
- C. Spagnolo Rochira, Una visita di Gioacchino Murat nel Salento, in: Il Salento – Almanacco illustrato VIII, 1934, pp. 26-31 ↑
- Giuseppe Rossetti, Roberto Corrado, Savesi in Russia 1812/1941-43 e ragazzi “russi” a Sava, Gruppo Culturale Savese, 2005 ↑
- Giuseppe De Simone Il ballo (la Taranta, la Pizzica-Pizzica,, la Tarantella), in “La Rivista Europea” 1876 ↑
- “ …sona Pascáli, senti, nonci veti,// pi nna taránta nfama, traditóra, / ca li štutóu la luci ti lu soli ”, recitano i versi di una composizione di Salvatore Fischetti intitolata Taranta e dedicata al ricordo delle figure e della tradizione del tarantismo in Lizzano (in: Scardi,versi in vernacolo lizzanese, Schena Editore, 1982) ↑
- A. Basile, Il ballo della taranta a Taranto e nei dintorni albanesi, in Carlo Petrone (a cura di), Il morso della taranta a taranto e dintorni, Giuseppe Laterza Edizioni, 2002, pag. 60 ↑
- A. Caggiano, La danza dei tarantolati nei dintorni di Taranto, in “ Il folklore italiano: archivio trimestrale per la racolta e lo studio delle tradizioni popolari”, anno VI, Fasc. I-II, genn. – giu. 1981 – p. 73 ↑