MANDURIA – 19-06-2010 . Sarà presentato questa sera, nel cortile della chiesetta Santissima croce del Parco archeologico dei Messapi, il libro scritto da Nazareno Dinoi, dal titolo «Dentro una vita», sull’ex boss Vincenzo Stranieri. Il libro racconta Manduria negli anni delle violenze e dei crimini marchiati dalla Sacra corona unita di Pino Rogoli e dalla Camorra di Raffaele Cutolo. Un periodo che ricorda fatti di sangue e di violenze accaduti in terra messapica dove sono cresciuti gruppi criminali (clan Stranieri e clan Cinieri) che hanno poi avuto un ruolo determinante nello scacchiere della criminalità organizzata pugliese. A presentarlo, oltre all’autore e al saluto del sindaco di Manduria, Paolo Tommasino, ci saranno i deputati Radicali eletti nella lista del Pd, Elisabetta Zamparutti e Maurizio Turco e Sergio D’Elia, segretario nazionale dell’Associazione Nessuno tocchi Caino e autore della prefazione del libro. Sarà presente anche l’editore di Reality Book, Federico Tantillo di Roma. Offrirà la sua testimonianza Anna Stranieri, figlia di Vincenzo. L’avvocato Lorenzo Bullo, infine, difensore del boss, illustrerà le ultime vicende giudiziarie del detenuto speciale. Lo scrittore Giuse Alemanno modererà gli interventi. La manifestazione sarà registrata e trasmessa integralmente dall’emittente nazionale Radio Radicale.
La prima presentazione del libro si è avuta ieri a San Cesario di Lecce (foto) mentre il 25 giugno ci sarà quella nazionale a Roma nella sede del partito Radicale alla presenza, tra gli altri, di Marco Pannella.
Il libro
Stranieri, detto Stellina, protagonista indiscusso della malavita locale, affiliato alla Camorra napoletana prima di dirigere un ramo importante della potente quarta mafia italiana fondata da Rogoli si racconta in questo libro aprendosi al mondo dopo diciotto lunghi anni di isolamento totale. Il libro edito da Reality Book di Roma con prefazione di Sergio D’Elia, segretario di Nessuno tocchi Caino, è strutturato in due parti che corrono parallelamente incrociandosi su episodi specifici. Una parte è scritta dall’autore e comprende la storia giudiziaria del boss: i primi furti d’auto sino al sequestro di persona e il traffico di droga che riesce a gestire anche dal carcere dove è rinchiuso ininterrottamente da 26 anni, 18 dei quali in 41 bis. Gli episodi di cronaca giudiziaria ripresi da documenti ufficiali di varie procure, verbali di pentiti, rapporti investigativi e ricordi di chi ha conosciuto il boss manduriano, s’intrecciano con i ricordi di Stranieri che dal carcere riesce a scrivere un lungo memoriale dove si racconta e si apre al mondo. I suoi racconti, 44 in tutto, sono pugni nello stomaco, il condensato di una non-vita vissuta tra quattro mura in completo isolamento, carica di violenze fisiche e psicologiche, di privazioni dei bisogni più elementari ed essenziali per un uomo come quello di poter sfiorare i propri cari o di sentire la loro voce reale e non filtrata dall’interfono della sala dei colloqui e dal pesante vetro che li separa. Una totale privazione degli effetti e persino della religiosità che per lui, in questi anni di prigionia, è divenuta essenziale.
Dentro una vita non ha lo scopo di redimere nessuno né di giustificare i terribili delitti compiuti in quegli anni di cui Stranieri è stato artefice e protagonista. Vuole solo essere un punto di riflessione sul concetto di pena e di quanto sia sottile il confine con la punizione, la tortura e, in definitiva, con la morte psicologica di una persona. Nei suoi racconti Stranieri esterna più volte non il suo pentimento per i reati di cui si è macchiato che, tra l’altro, non ammette ancora, ma ogni rigo, ogni parola è intrisa di un ravvedimento radicale. Sa di aver sbagliato, è ossessionato dall’idea che altri come lui possano ripercorrere il suo calvario, invita i giovani a non imitarlo, si pente di aver seguito i consigli peggiori. Lui è consapevole di aver regalato la sua vita e quella dei suoi cari ad un concetto di onore che gli ha chiesto troppo e che, nonostante tutto, ha voluto rispettare sino all’estremo limite della perdita della ragione. Perché il boss è cambiato, la sua mente è minata da 32 anni di prigionia, 26 dei quali ininterrottamente e 18, gli ultimi, di 41 bis.
Fernando Filomena
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