“Il sontuoso carro di Dioniso,
Ricolmo di fiori e ghirlande,
Avanza lento, trainato
Da feroci bestie ammansite.
È un percorso che irradia
Magia: crollano le barriere,
Si annullano i bisogni,
Svaporano divieti e arbitrii.
Riconciliazione, fusione,
Riunione del singolo
Con tutti in un’armonia
Universale: ecco la suprema
Beatificazione, l’ebbrezza
Soprannaturale. Non camminiamo
Più, né più parliamo:
Cantiamo e danziamo invasati
Simili a Dèi rapiti, artisti
Dionisiaci dell’ebbrezza”
(James Douglas Morrison)
Circa un anno fa, assistevo ad un concerto di un noto gruppo salentino di pizzica a Galatina. Il leader del gruppo esordiva, in apertura dello spettacolo, urlando nel microfono: “benvenuti nella musica di Dioniso, benvenuti alla festa di Dioniso”. In realtà, nella atmosfera sobria e composta di quell’evento, di dionisiaco c’era ben poco: sul palco, una band di pur talentuosi musicisti che riproponevano nella loro versione e con i loro arrangiamenti i “classici” della pizzica salentina; sotto il palco, un pubblico sicuramente attento e partecipe, ma composto anch’esso. Qualche attempata coppia e un paio di donne più giovani accennavano passi di danza nello spazio immediatamente antistante il palco. Unica nota “sensuale”, la presenza di una ballerina sul palco, messa a danzare durante l’esecuzione di alcuni brani della band, a rinforzo coreografico dell’esibizione musicale (troppo poco, però, per parlare di “festa dionisiaca”!).
Sulla scia di teorie che sostengono che il tarantismo è riconducibile ai riti orgiastici appartenenti al culto di Dioniso, oggi da più parti si ricollegano il tarantismo e la neo-pizzica al dionisismo eludendo anche un passaggio fondamentale e, a ben riflettere, scontato: anche se dovessero essere derivazione di ritualità e culti dionisiaci, i riti delle tarantate, almeno per come ci sono pervenuti, si son trasformati sempre di più[1] in una sorta di contenimento del dionisismo, se non di palese negazione. La tarantata sfoga con il ballo il suo malessere, manifesta il suo furor, ma viene contenuto e risolto unicamente nella danza che alla fine la acquieta. Il rituale non culmina in una dimensione orgiastica: caso mai, accade che manifestazioni (non infrequenti) di erotismo vengono contenute e represse dai familiari durante il rito. Nell’ambito del tarantismo maschile, significativo un episodio descritto nel 1779 da Andrea Pigonati: il caso di un uomo nel quale la crisi si manifesta sotto forma di violento priapismo. Il “furor dionisiaco” di questa persona viene contenuto dagli astanti, che lo costringono a ballare con le mani legate in modo che non dia sfogo al suo impulso:
“Tra i fatti, che conservo con autentici attestati de’ primi medici della provincia di Lecce, ve n’è uno accaduto ad un uomo della Terra di S. Vito per nome Giovanni di Tommaso, al quale assisté il Dot. Fisico D. Giacinto Niccola Greco. Il fatto è de’ più strani, mentre il male produsse all’infermo il priapismo, accompagnato con tutti gli altri sintomi; onde per impedirgli che non facesse movimenti troppo sconci lo fecero ballare colle mani legate: e dopo più giorni di ballo guarì” [2]
Eppure, l’accostamento al “rito dionisiaco” è ricorrente non solo nella descrizione della filiazione del tarantismo da quello, ma anche nella pubblicizzazione dei moderni concerti e feste che hanno come tema taranta e pizzica: spesso il termine dionisismo viene accostato alle moderne esibizioni, feste e festivals di pizzica, e assieme ad esso le espressioni trance, trionfo del dionisismo, ecc. ecc. .
Se pure l’immagine della tarantata può riportarci alla mente la menade invasata che danza (ma per Lapassade le manifestazioni del tarantismo assomigliano più a quelle del coribantismo)[3], certamente da questo tipo di figure si discostano ulteriormente ballerine e ballerini convenuti alle moderne feste di pizzica.
Dioniso e il dionisismo si manifestano e si reincarnano, dunque, in un moderno concerto di pizzica o, piuttosto, in un vecchio concerto dei Doors, dei Rolling Stones, dei Led Zeppelin?
Un metro di misurazione della veridicità di tale accostamento (feste di pizzica = celebrazioni di Dioniso) è l’osservazione di ciò che in effetti accade: al di là del simpatico e coinvolgente revival folkloristico, della bella musica, si vede per caso il pubblico in preda ad estasi, frenesia, furore dionisiaco, comportamenti e stati non ordinari di coscienza? Si faccia poi, per contro, il paragone con quanto avveniva nei raduni come Woodstock, Wight o nei concerti di Led Zeppelin, Rolling Stones, Doors, Hendrix… concerti, raduni, nei quali il musicista incarnava (a volte anche consciamente, per aver studiato e preso in prestito culturale il modello dionisiaco come nel caso di Jim Morrison, o il paganesimo e la passione per Aleister Crowley nel caso delle note tendenze e conoscenze esoteriche degli Zeppelin) Dioniso o lo Sciamano o il Sacerdote pagano, sia nel carisma, che nel messaggio, nella filosofia, nelle movenze corporee, mentre lo stesso pubblico si lasciava rapire da frenesia, trance, stati alterati di coscienza, e si lanciava disinibito in manifestazioni di tipo dionisiaco, in amplessi, balli sfrenati: sia che i partecipanti si lasciassero andare a frenesia totale, sia che manifestassero rapimento contemplativo ed estatico, si trattava di fuoriuscita totale dall’ordinarietà, di abbandono completo alle emozioni, ai sensi, esattamente come i “posseduti” da Dioniso. A questo proposito, oltre alla documentazione visiva di ciò che accadeva durante i concerti, è interessante citare alcuni passi di un incontro tra William Burroughs e Jimmy Page che scaturisce anche in una intervista del primo al secondo. Burroughs e Page parlano di una passione in comune, la magia e gli scritti di Aleister Crowley. Dopodichè Burroughs descrive il potere magico ed evocativo della musica degli Zeppelin, e la paragona a certa musica trance del Marocco di origini e finalità magiche. Si sofferma anche a parlare di come gli schemi di antiche forme di musica trance possono essere utilizzati nel rock per produrre effetti potenti ed ipnotici nel pubblico.[4]
Ma ritorniamo alla pizzica: probabilmente, la forma musicale della pizzica che noi conosciamo, deriva davvero da antichi schemi musicali utilizzati anche (ma non solo) nelle antiche feste dionisiache, non c’è motivo di rigettare questa tesi, che è verosimile e possibile; occorre però tener conto del fatto che, se tali schemi derivano da quelli utilizzati come “colonna sonora” delle feste dionisiache, da un dato momento in poi son messi al servizio di altri tipi di riti, che si staccano notevolmente da quelli dionisiaci (come in effetti se ne staccano i rituali di cura delle tarantate e i contesti degli attuali concerti e danze folkloriche di pizzica). Schemi musicali, e forse, come intuisce Raffaele Donno nel romanzo “Le Spose del Diavolo” addirittura stessi musicisti che erano al servizio delle “ feste dei masciàri”[5] (in dialetto salentino chiamate Balli, ovvero la locale definizione dei Sabba), le riunioni insomma delle antiche congreghe stregonesche salentine, che, per tipologia del rituale appaiono le vere e dirette eredi delle antiche feste in onore di Dioniso, di Diana, delle varie divinità pagane, e dei riti e delle celebrazioni orgiastiche ad esse collegati. Qui, nelle feste esoteriche dei masciàri, riservate ai soli iniziati, i musicisti (che, come suggerisce Donno, potrebbero essere gli stessi musicisti che vanno a curare le tarantate) eseguono le loro musiche in uno stato di pesante alterazione, di ebrezza, di trance, coinvolti e partecipi della atmosfera generale, collettiva, di esaltazione euforica ed estatica causata dall’uso di sostanze inebrianti, e dallo scopo stesso, dal momento culminante della riunione della congrega: il rituale orgiastico.[6] Rituale che non troviamo nelle feste e nei concerti di odierna pizzica, e nemmeno, in tale forma, nel rito e nel ballo delle tarantate (almeno per come ci è pervenuto), dove la tarantata è – lei, si – in preda sì ad un evidente stato di alterazione, o a trance che dir si voglia, ma lo è solo lei, e non i convenuti che esercitano il ruolo passivo di spettatori e hanno spesso anche il compito (specie, tra questi, i familiari, come documenta Paolo Boccone), di “frenare” eventuali fughe verso comportamenti di sessualità esplicita :
“Nel venire i Sonatori, e nel sentire i Pazienti quella Sonata, che loro aggrada, Saltano di Letto, come Saette, e uscirebbero in istrada nudi a ballare, se non fossero da’ Domestici trattenuti. Li Tarantolati, noti stanno in letto Vestiti, per prevenzione fatta da’ Parenti, acciò non escano nudi in istrada” [7]
Ovvero, il rito non culmina affatto in un amplesso né in un rituale orgiastico (come invece avviene nei riti dionisiaci e nei riti dei masciàri), né in una qual si voglia espressione di libera e sfrenata sessualità concessa alla tarantata. E difatti la tarantata manifesta sì movenze e atteggiamenti che alludono alla sessualità, ma in un modo bizzarro, si tratta di un eros che viene contenuto e incanalato soltanto nella forma della danza e nella manifestazione (e cura al tempo stesso) della crisi, del malessere attraverso la danza. Ecco perchè, se si vuole vedere una ri-manifestazione del dionisismo e del rito dionisiaco, la si rivede non nel rito del tarantismo che ci è pervenuto, ma nei balli masciàri contemporanei e paralleli a quello, la si può riveder rivivere in qualche modo in un concerto dei Doors o degli Stones o dei Led Zeppelin degli anni ’60 – ’70 (ma anche in un più moderno Rave), non certo in una festa o in un concerto di pizzica, e nemmeno in un rituale di cura per le tarantate.
Gianfranco Mele
- L’instaurarsi del rito domiciliare ha cancellato e sostituito via via espressioni più antiche del tarantismo che avevano come ambiente e scenario dapprima gli ambienti arborei ed acquatici (rive del mare, corsi d’acqua, campagne), e poi i crocevia e le strade: Perotti (1430-1480) descrive il comportamento di alcuni tarantati che mentre si aggirano danzando per le strade del paese, sono presi “dal fuoco del piacere, e come impazziti”, e aggrediscono vogliosi e a suon di musica le donne che incontrano per strada (cfr. Arturo Viglione, Il tarantismo. Studio clinico della malattia che per secoli aveva sconfitto i medici, Pacini Ed., 2012, pag. 97) ↑
- Andrea Pigonati, Lettera del Signor Cav. Andrea Pigonati colonnello di S. M. il RE delle Due Sicilie nel corpo del genio al Sig. Abate Angelo Vecchi sul Tarantismo, in: Opuscoli scelti sulle Scienze e sulle Arti tratti dagli Atti delle Accademie e dalle altre Collezioni Filosofiche, e Letterarie, dalle Opere più recenti Inglesi, Tedesche, Francesi, Latine, e Italiane, e da Manoscritti originali, e inediti, tomo II, parte V, Milano, 1779, pag. 309 ↑
- Georges Lapassade, Tarantismo, coribantismo, dionisismo, 2008, https://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=21188 ↑
- https://arthurmag.com/2007/12/05/willima-burroughs-onled-zeppelin/ ↑
- Raffaele Donno, Le spose del diavolo. Storia lussuriosa e fatale con strie, macàre e tarantate, Grifo Edizioni, 2009 ↑
- Gianfranco Mele, Maurizio Nocera La magia nel Salento, Spagine-Fondo Verri Ed., 2018, pp. 23-84 ↑
- Paolo Boccone, Intorno la Tarantola della Puglia, in: Museo di Fisica e di Esperienze variato, e decorato di Osservazioni Naturali, Note Medicinali e Ragionamenti secondo i Princìpi de’ Moderni, Venezia, 1697, pag. 102 ↑