(…) Oggi quel capoufficio che dice al suo dipendente: «Sei una mezza manica!», rischia una condanna per ingiuria e diffamazione. Talvolta il subalterno è chiamato anche «mezza cartuccia», che è sinonimo di «omiciattolo»; nel migliore dei casi «impiegatuccio». In ogni modo, chi dipende da altri è una «mezza manica». Sono in tanti. Siamo in tanti. Siamo “dipendenti”. Dunque inferiori, cioè dei sottoposti. Ma non prendiamocela più di tanto. Veniamo pagati per sottoporci. Dobbiamo pur portare a casa il «27» per pagare le bollette. Accade, però, dopo anni e anni di pubblica o privata «dipendenza», che alcuni di noi reclamano più libertà. Quella interiore, intendo. Poi… un bel giorno… Uno tra tanti (ed io tra questi) decide di abbandonare il gruppo.
Un po’ come il gabbiano Jonathan che abbandona la massa dei comuni gabbiani non per procurarsi il cibo, ma per imparare ad eseguire il volo come atto di perizia e intelligenza, fonte di perfezione, di gioia e di liberalità. Un gabbiano in «mezze maniche» che spicca il volo per liberarsi dai mezzani, per ubbidire non al proprio capoufficio ma alla propria legge interiore perché sa di essere nel giusto, nonostante i pregiudizi degli altri. E così accade che la nostra Mezza Manica, ovvero il nostro goffo, ma indistruttibile, ragionier Fantozzi Ugo, affascinato dall’essere e non dall’apparire, è trascinato come un gabbiano in una entusiasmante avventura di volo, di purezza, di libertà.
Perché questo brano? Bè, ci si deve pur proteggere: è questa una validissima prova di “indipendenza”.
Tonino Filomena
(Brano tratto dal libro Così parlò Bilbo)
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