Il 17 gennaio ricorre la festa di Sant’Antonio Abate. Secondo la tradizione e sulla base di antiche leggende, durante la notte di Sant’Antonio Abate agli animali è data la facoltà di parlare.
Antonio nacque intorno al 250 a Coman, in Egitto e, a soli vent’anni abbandonò ogni cosa per seguire il consiglio di Gesù: «Se vuoi essere perfetto, va’ vendi ciò che hai…», rifugiandosi in una zona deserta dell’Egitto, tra antiche tombe abbandonate e successivamente sulle rive del Mar Rosso, dove visse per ottant’anni da eremita. Si dice morì a 106 proprio il 17 gennaio del 356. Il corpo fu seppellito in un luogo segreto ma, nel 561, qualcuno lo scoprì, trovò le reliquie le quali cominciarono un lungo viaggio, da Alessandria a Costantinopoli, fino in Francia dove, nell’XI secolo, a Motte-Saint-Didier fu costruita una chiesa in suo onore.
Si sa, le reliquie erano molto venerate un tempo, molto più di oggi, e quelle di Antonio non facevano eccezione. A Motte-Saint-Didier, però, in particolare, affluivano folle e folle di malati, soprattutto malati di ergotismo canceroso, causato dall’avvelenamento di un fungo presente nella segala, usata all’epoca per fare il pane. Perché? Il nesso è questo: l’ergotismo canceroso si manifestava con vescicole che provocavano un immenso dolore, come se la pelle stesse bruciando. Ora, dal momento che Antonio, divenuto Santo (e chiamato Abate perché intorno alle reliquie si formò una congregazione, quella degli Antoniani) era leggendariamente noto per le sue lotte vittoriose contro il Demonio, il signore dell’Inferno, del fuoco eterno, ecco che divenne colui che era capace di vincere quella malattia che bruciava come il fuoco dell’inferno.
E si era talmente certi che le reliquie di Sant’Antonio Abate potessero servire a sconfiggere la malattia che, col tempo, la stessa malattia, già nota come “Ignis sacer”, ovvero fuoco sacro (evidentemente per l’eccezionalità del bruciore che provocava), si iniziò a chiamarla “Fuoco di S. Antonio”. Oggi, a onor del vero, con questo nome noi intendiamo quella patologia chiamata in gergo medico “herpes zoster”, provocata da un virus. Evidentemente però, poiché le due malattie si manifestavano nello stesso modo, vennero in passato confuse. Sta di fatto che la congregazione degli Antoniani divenne a tutti gli effetti un Ordine Ospedaliero, cioè dedito alla cura degli affetti di questa malattia e, addirittura, si costruì un ospedale e il villaggio che vi sorse intorno prese il nome di Saint-Antoine di Viennois.
Ma cosa c’entrano i maiali e gli animali domestici?
Gli Antoniani presero presto a tenere in monastero dei maiali, i quali in un certo senso erano addomesticati e soliti girare liberi (anche nei vicini villaggi), con tanto di collare e campanella al collo. Il perché è il seguente: il maiale è simbolo del Male, del Maligno in persona; averlo al collare, simbolicamente significava ricordare le gesta del Santo; inoltre, cosa importante, dopo la pratica di versare del vino dentro al quale erano state le reliquie del Santo stesso sul “Fuoco di S. Antonio” allo scopo di lenirlo o guarirlo, ben presto si passò anche a quella di spalmarvi sopra del grasso di maiale il quale, poiché cresciuto dai monaci, era a sua volta “sacralizzato” e aveva perso tutte le connotazioni negative e non faceva più paura nemmeno al popolo. Si dice che per far questo, per lasciare che gli Antoniani allevassero maiali da “addomesticare”, ci sia voluto un permesso speciale del Papa. E chissà, forse è sempre per questa pratica che i Cristiani, a differenza di Ebrei e Musulmani, oggi possono mangiare questo animale, ritenuto invece impuro dagli altri.
Di fatto, da allora nell’iconografia (cioè nella raffigurazione) di Sant’Antonio Abate, oltre al bastone da eremita (a forma di “τ”, la lettera dell’alfabeto greco), si aggiunse anche il maiale col collare a campanella e una fiammella a simbolo del fuoco “domato”. E poiché l’Abate appariva così “il padrone” del maiale addomesticato, ecco che divenne simbolicamente il padrone, ovvero il patrono, il santo protettore, di tutti gli animali domestici e da cortile.
Molte leggende popolari italiane dicono che, nella notte del 17 gennaio (data, lo ricordiamo, della morte del Santo), gli animali della stalla parlino tra loro e che sia di malaugurio per gli umani restare a sentire quel che si dicono. Ed è sempre nella domenica più vicina a questa ricorrenza che, in genere, nelle chiese cattoliche, avviene la benedizione (a distanza, ché non sono portati fisicamente) di questi animali.
In alcune zone d’Italia la sera del 17 gennaio si accendono dei falò che simboleggiano la volontà di abbandonare tutto ciò che appartiene ai mesi passati e di rinnovarsi a partire dal primo mese del nuovo anno. I falò rievocano il miracolo che Sant’Antonio avrebbe compiuto secoli fa mettendo in fuga gli invasori stranieri e trasformando le querce in grandi torce.
La canzone popolare di Sant’Antonie a lu deserte
Sant’Antonie a lu deserte o Lu sant’Antonie (a volte scritto Sant’Antonio allu desertu e in italiano Sant’Antonio nel deserto) è un canto popolare italiano, di origine abruzzese, composto da uno o più autori anonimi. È un canto di questua ed i versi vengono cantati principalmente in Abruzzo alla vigilia della festa di sant’Antonio abate. Essa si svolge dal pomeriggio della vigilia per concludersi il 17 (giorno della festa del santo) fra canti, suoni e sacre rappresentazioni fino a tarda notte. Il culto è sempre stato molto vivo nel mondo agro-pastorale abruzzese, dove il santo è venerato quale protettore degli animali domestici.
Le numerose strofe ricordano, con spirito ludico, le tentazioni di sant’Antonio, le proverbiali lotte tra l’anacoreta e Satanasso.
Buona sera cari amici tutte quante le cristiane
questa sera v’aggiu a dice della festa de dimane
che dimane è Sant’Antonio lu nemice de lu dimonio
Sant’Antonio Sant’Antonio lu nemice de lu dimonio.
Li parenti e Sant’Antonio una moglie gli vogliono dare
ma lui non ne vuol sapere, nel diserte si fa mandare
pe n’avè la siccatura de sta a fà una criatura
Sant’Antonio Sant’Antonio lu nemice de lu dimonie.
Sant’Antonio allu diserte s’appicciava ‘na sicarette
Satanasse pe’ dispiette glie freghette l’allumette
Sant’Antonio nun se la prende cun lu prospere se l’accende
Sant’Antonio Sant’Antonio lu nemice dellu dimonie.
Sant’Antonio allu diserte se faceva la permanente
Satanasse le’ dispiette glie freghette la corrente
Sant’Antonio non s’impiccia, con le dita se l’arriccia
Sant’Antonio Sant’Antonio lu nemice de lu dimonie.
Sant’Antonio allu diserte se cuciva li pantalune
Satanasse pe’ dispiette glie freghette li buttune
Sant’Antonio se ne treghe cun lu spaghe se li lega.
Sant’Antonio Sant’Antonio lu nemice dellu demonie.
Sant’Antonio allu diserte cucinava gli spaghette
Satanasse pe’ dispiette glie freghette le furchette
Sant’Antonio nun se lagna cun le mani se le magna
Sant’Antonio Sant’Antonio lu nemice dellu dimonie.
Sant’Antonio allu diserte se lavava l’insalata
Satanasse pe’ dispiette glie tirette na sassata
Sant’Antonio lo prese pel collo e lo mise col culo a mollo
Sant’Antonio Sant’Antonio lu nemice dellu dimonie.
Sant’Antonio allu diserte se diceva le oraziune
Satanasse pe’ dispiette gli fa il verso dellu trumbune
Sant’Antonio col curtellone gli corre appresso e lo fa cappone
Sant’Antonio Sant’Antonio lu nemice de lu dimonie.
Vi saluto care amice lu signore ve benedice
e fa cresce lu patrimonio cun le grazie e Sant’Antonio
ca dimane Sant’Antonio lu nemice dellu dimonie
Sant’Antonio Sant’Antonio lu nemice dellu dimonie
Da ultimo vi rimando ad una bellissima canzone eseguita dalla voce magica di Amalia Rodrigues .
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