È nato prima l’uovo o la gallina? Che domanda stupida voi direte. Eppure questo è uno dei paradossi più difficili da spiegare. La gallina fa le uova, che non possono esistere senza una gallina. Ma è dall’uovo che nasce una gallina che, a sua volta, non può esistere senza che prima ci fosse un uovo. Ergo né l’uovo né la gallina possono esistere senza l’altro. Tutto chiaro? Secondo la teoria della biogenesi solo un essere vivente può dar vita a un altro essere vivente, e io mi ricordo che la prof di scienze alle medie ci diceva sempre: nulla si crea, nulla si distrugge, ma tutto si trasforma. Quindi non se ne viene a capo. Punto.
Per risolvere questo problema impossibile ci vorrebbe una soluzione facile facile come un bell’ uovo di Colombo! Il nostro tenente ehm avventuriero Colombo, nel 1493 al ritorno dalla sua mega scoperta del nuovo continente anche se per lui erano le Indie, si ritrovò suo malgrado a dover affrontare derisioni del suo operato da parte degli spagnoli della corte del cardinal Mendoza che, invidiosi, cercarono di sminuire la sua impresa dicendo che chiunque avrebbe potuto riuscirci se avesse avuto i suoi mezzi. Eh si, come succede nell’arte contemporanea, che orde di nuovi geni incompresi, di fronte alle opere di vero genio altrui, se ne escono con un banale quanto odioso: potevo farlo anche io! Il nostro Colombo si indignò talmente tanto che sfidò tutti nella facile impresa di far stare un uovo dritto sul tavolo e, non riuscendoci, si arresero dicendo che si trattava di un problema insolubile. E qui cascarono gli asini, che pregarono Colombo di rivelare la soluzione, il quale si limitò con molta nonchalance a prendere l’uovo, picchiarlo leggermente contro lo spigolo del tavolo e metterlo in piedi sul tavolo. Eureka! L’uovo rimase dritto e Colombo spiegò che: La differenza, signori miei, è che voi avreste potuto farlo, io invece l’ho fatto! e tutti gli altri muti!
Da sempre simbolo di creazione e di nascita, l’uovo, come elemento emblematico che dà la vita, dall’alto valore allegorico e simbolico, lo ritroviamo già nelle tombe del Neolitico, nei sarcofagi egizi, con la Fenice che da un uovo nasceva a nuova vita. Per non dimenticare che dall’ uovo di Leda, fecondato da quel birbante di Zeus abilmente tramutatosi in cigno, nacquero due coppie di gemelli di sesso diverso, Castore e Polluce, Elena e Clitemnestra, che rappresentano i due poli della creazione, secondo la mitologia greca.
Figura Piero della Francesca. Sacra Conversazione con la Madonna col Bambino, sei santi, quattro angeli e il donatore Federico da Montefeltro, Pala di Brera, 1472-74
Per diventare poi simbolo di resurrezione con il Cristianesimo, spesso associato alla Maddalena che ne tiene in mano uno di colore rosso. Assimilato dagli alchimisti alla pietra filosofale. Artisti di tutti i tempi sono rimasti da sempre stregati dall’uovo, elemento di vita dalla forma perfetta in cui si riassume la perfezione del creato, come Piero della Francesca, che nella pala di Brera con la Sacra Conversazione, rappresenta un uovo di struzzo sospeso sulla semi-cupola a forma di conchiglia, facendone il fulcro centrale del dipinto, l’emblema della perfezione divina, della superiorità della fede rispetto alla ragione e dell’immacolata concezione di Maria. Salvador Dalì ne era follemente ossessionato.
Chi dice uovo dice gallina, e chi dice pulcino dice subito uovo di Pasqua.
Ma quando e dove è nato l’uovo di Pasqua di cioccolato? Allora i primi prototipi sono da riferire già a quelli spocchiosi dei francesi che stanno sempre con la puzza sotto il naso e la baguette sotto l’ascella, che se non ce le avevano loro certe leccornie e squisitezze per il palato, che stavano alla Reggia di Versailles alla corte di Luigi XIV il Re Sole … ma chi li doveva avere? Noi poveri comuni mortali e servi della gleba? Però una cosa è certa, l’uovo di Pasqua di cioccolato con sorpresa è nato a Torino all’inizio del ‘900 e fu nel capoluogo piemontese che, negli anni ’20, si mise a punto il macchinario per crearlo.
Dopo la Scoperta dell’America nel 1492 e di quell’amarissima bevanda maya a base di fave di cacao, considerato cibo degli dei, così prezioso da usare i semi come vere e proprie monete, fu la duchessa
spagnola Caterina, moglie del duca Emanuele Filiberto di Savoia principe di Piemonte, a portare il cacao a Torino, dove poi nel 1600 nascerà la prima cioccolateria d’Italia.
L’invenzione del cioccolato al latte invece si deve agli Svizzeri, che di montagne verdi dove far pascolare le mucche da latte ne hanno sempre avute in abbondanza, e tutti ricordiamo che a Heidi le sorridevano i monti e le caprette le facevano ciao. Nel 1922 nascono a Perugia i i Baci, che inizialmente, per un’inversione di preferenze di genere, vennero chiamati Cazzotti per via della loro forma irregolare che richiama un pugno chiuso nata dall’idea della energica Luisa Spagnoli di recuperare gli scarti di lavorazione del cioccolato, per poi divenire sinonimo di romanticismo con il direttore artistico dell’azienda Federico Seneca che si ispirò per la scatola al famoso quadro di Francesco Hayez Il Bacio coniando lo slogan: Chi ama, Baci.
La tradizione delle uova decorate sarebbe partita invece dall’orafo russo Peter Carl Fabergé che, ricevuto nel 1883 dallo zar Alessandro III il compito di preparare un dono speciale per la zarina Maria sua moglie che, portata in Russia per il matrimonio combinato, soffriva di nostalgia per il suo paese d’origine la Danimarca , inventò per l’occasione il primo uovo Fabergé della storia, un uovo di platino smaltato di bianco contenente un ulteriore uovo, creato in oro, il quale conteneva a sua volta una piccola riproduzione della corona imperiale ed un pulcino d’oro, dando così l’avvio alla numerosa produzione delle famose uova Fabergé, prodotti d’alta gioielleria, realizzati nello stile delle uova di Pasqua, con l’uso di metalli e pietre preziose, prodotte tra il 1885 e il 1916, sino alla Rivoluzione d’ottobre, quando dopo la caduta della famiglia Romanov, furono saccheggiate e disperse in tutto il mondo scatenando la caccia all’uovo più prezioso di sempre. Oggetto di collezione per eccellenza, uno di questi piccoli tesorini da 20 milioni di euro stava quasi per essere fuso da un ferramenta che, avendolo trovato per caso in un mercatino degli USA e non sapendo cosa fosse, voleva solo recuperarne l’oro. Quando si dice la fortuna…
Quale migliore nascondiglio come l’uovo Fabergé, indiscusso ed insospettabile oggetto di lusso del desiderio, per nascondere anche i segreti più inconfessabili, come pensò di fare l’algido osso buco delle passerelle dell’haute couture mondiale, la divina Kate Moss beccata appunto con le mani nel sacco ehm nell’uovo…
Jenne Marasco