AVETRANA – E’ ancora prematuro per prendere in considerazione un’evenienza simile. Ma se lo Stato italiano attraverso i suoi ministeri dell’Interno e della Difesa, dovesse costituirsi parte civile nell’eventuale processo contro la famiglia Misseri, i seicento ulivi secolari di zio Michele non basterebbero a risarcire le risorse pubbliche investite nelle inutili ricerche durate 42 giorni. Sei settimane lavorative di un intero plotone dei carabinieri di Bari, militari della stazione e della compagnia di Avetrana e Manduria, corpi speciali dell’Arma, agenti del Corpo forestale dello Stato, uomini della Protezione civile, mezzi e strumentazioni impiegati nelle indagini, hanno comportato un esborso giornaliero medio non inferiore ai quindicimila euro per un totale di 630mila euro in tutto il periodo. Da questi costi sono esclusi quelli relativi agli uomini messi in campo dalla procura della Repubblica di Taranto che sul difficile caso impegna tuttora due magistrati, il pubblico ministero Mariano Buccoliero e il procuratore aggiunto, Pietro Argentino e cinque esperti investigatori di polizia giudiziaria dell’Arma. Incalcolabile, invece, il danno per la compromissione emotiva che una storia simile ha comportato all’esercito di ricercatori che a ogni casolare o pozzo esplorato avranno ogni volta immaginato di trovarsi di fronte il corpo della piccola Sara abbandonato in un vano o che galleggiava nell’acqua putrida delle cisterne.
A chiedere conto di questo sarebbero i quaranta militari dell’undicesimo plotone carabinieri di Bari con i circa cinquanta loro colleghi delle due caserme di Manduria e Avetrana, i dieci carabinieri dell’unità cinofila, i cinque dell’unità a cavallo, i dieci sommozzatori e ancora i vigili del fuoco e gli agenti di altri corpi di polizia. Più oneroso il costo dei mezzi messi in campo. L’elicottero dell’Arma, soprattutto, che dal 29 agosto (a tre giorni dalla scomparsa), ha coperto centinaia di ore di volo che iniziava all’alba per concludersi prima dell’imbrunire. «Un dispiegamento di forze senza precedenti in casi analoghi», aveva detto il sottosegretario Alfredo Mantovano nella sua visita ad Avetrana. Uno sforzo che la famiglia della ragazza scomparsa non aveva mai apprezzato abbastanza tanto da muovere accuse nei confronti delle istituzioni. Tra le tante richieste per ottenere maggiori uomini in campo, fu proprio la cugina Sabrina Misseri a convincere la zia, Concetta Serrano Spagnolo, ad aprire una raccolta di firme che si proponeva, tra le altre cose, l’impiego degli aerei militari di ricognizione notturna e la lettura delle foto ad alta risoluzione dei satelliti militari. Tutto inutile, come si è visto il 7 ottobre scorso quando il corpo straziato di Sara Scazzi è stato trovato nel nascondiglio impossibile in contrada «Mosca» ad Avetrana dove lo stesso Michele Scazzi l’aveva occultato subito dopo l’uccisione sui cui particolari si sta ancora scrivendo.
Nazareno Dinoi sul Corriere del Mezzogiorno
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