Sono passati gli anni. Era il tempo in cui leggevo Capitain Miki insieme al Grande Blek. Poi vennero gli altri. Ma fu Diabolik ed Eva Kant a trasformare il mio viaggio. Dante e Pavese vennero negli intagli insieme a D’Annunzio e Nietzsche. La vita non ha una recita immobile. È teatro. Come tale è una ribalta che si avvolge tra scena e retroscena. Travolge.
Ogni età è rivoluzione. Ogni rivoluzione è rivolta tra caduta e notturni. L’alba è un’àncora dell’aurora che cerca sempre le ore della sera. Se gli Apache continuano ad essere nel mio pensiero lo sciamano mi accompagna come il Conte di Montecristo che ci invita a non arrenderci mai lungo il viaggio che si compie. Poi venne anche Kriminal e con lui Zakimort fu eros forse più di Eva. Non so se abbiano influito di più Eloisa e Beatrice o Eva e Zakimort. Ma insieme sono pagine di letteratura e di vita. Sono metafora di una geografia che insistono nel mio pensiero. Sono convinto che Diabolik non sia meno di Poirot, se pur nella diversità delle posizioni, ma Maigret è una icona per una sottile intelligenza che scava tra le pagine ancor non scritte e neppure lette.
Capitain Miki dialogò con gli uomini del Nevada ma capì che i Nativi d’America avevano la pazienza della magia. Rileggo tutto ripartendo da ciò che avevo abbandonato tra gli scaffali della vita e cerco ciò che mi ha reso ciò che sono oggi. Ma è chiaro che accanto ai racconti di Diabolik ho sempre posto Zarathustra e accanto a Capitan Miki la storia della Colonna infame. Il resto è noioso come ebbero a dire Leopardi e Franco Califano.