N.B.: gli utilizzi della pianta descritti in questo articolo hanno unicamente valenza documentaria antropologico-folkloristica
l’Eryngium campestre e l’Eryngium maritimum sono detti anche, rispettivamente, Calcatreppola campestre e Calcatreppola marina.
La Calcatreppola campestre si incontra allo stato spontaneo nei prati e negli incolti aridi, ai bordi delle stradine interpoderali di campagna meno curate. Fiorisce da luglio a settembre.
Fin dall’antichità è stata utilizzata come pianta medicinale: Dioscoride la indicava come rimedio a coliche e flatulenze, ed era utilizzata anche come diuretico, come afrodisiaco, e per la cura delle malattie renali.
Nel Medioevo, questa pianta era coltivata e utilizzata in cucina per le misticanze.
La radice della Calcatreppola campestre, piccante, veniva utilizzata anche come succedaneo del pepe: chiamata anche “pepe dei poveri”, era molto usata come condimento nelle minestre di fave verdi.
Nella tradizione contadina, il decotto di radici era utilizzato per curare l’obesità, le cardiopatie e l’ idropisia, e per la regolarizzazione del ciclo mestruale.
La calcatreppola campestre ha riconosciute proprietà antireumatiche, diuretiche, sudorifere e blandamente lassative.
Nomi dialettali: carduncieddu (Francavilla Fontana), mamma ti funciu (Erchie, Manduria), pettenèssa (Martina Franca), rizzedda, rizzitedda (Lecce), spina (Villa Castelli).
Da notare che carduncieddu (cardoncello, popolare anche come “fùngiu ti pezza”) è anche il nome del fungo che cresce sui resti in decomposizione dell’ Eringio campestre: il nome botanico del fungo è Pleurotus eryngii e per il motivo suddetto in alcuni paesi la Calcatreppola campestre è chiamata “mamma ti fùnciu”).
La Calcatreppola marina (Eryngium maritimum) è chiamata pilu ti beccu nel leccese, pittinessa de mare in alcuni paesi del brindisino. E’ considerata specie a rischio di estinzione.
La radice della Calcatreppola marina era utilizzata come rimedio antireumatico e diuretico.
In epoca elisabettiana si usava candire le radici dell’Eryngium maritimum e farne dei dolci afrodisiaci, chiamati eringoes.
Nella sua opera “Ricettario delle streghe”, il tossicologo Enrico Malizia raccoglie, a scopo di documentazione etno-antropologica, una selezione di antiche ricette da formulari, manoscritti e testi che vanno dal 1400 agli inizi del 1800: l’ Eringio è presente prevalentemente in preparazioni afrodisiache, ma anche in un elettuario per favorire le mestruazioni. Riporto, a titolo di mera curiosità, stralci di alcune “ricette” raccolte dal Malizia in cui è presentequesta pianta. Un elettuario afrodisiaco comprende: foglie di verbena, radici di eringio, conserva di zenzero, e vari altri ingredienti. Radice di eringio insieme a cinnamomo, radice di pastinaca agreste, mirra, ed altri ingredienti, fanno parte di un elettuario per favorire le mestruazioni. Un elettuario per favorire la fecondazione comprende radici di satirione, radici di eringio, noci moscate e altri ingredienti. Un altro elettuario per favorire la fecondazione comprende un decotto di cinque radici di eringio che viene mescolato con polveri ottenute da varie altre piante. Una polvere per concepire comprendente fra altri ingredienti radici di eringio. Un elettuario per stimolare gli impulsi sessuali è composto da sciroppo di eringio mescolato a conserva di satirione, conserva di cedro, noci macerate in miele, pigna macerata in miele, pistacchi fritti in burro,ed altri ingredienti. Una pinta di sciroppo di eringio è usata nella preparazione di un “elettuario per far sì che il piacere femminile diventi ineffabile” che comprende anche una mescolanza di anice, calamo, vaniglia e coriandro pestati al mortaio. Ancora, una pinta di sciroppo di eringio è utilizzata insieme a svariati altri ingredienti nella preparazione di una “mistura per sedurre una donna”.
In erboristeria, la tisana di Eringio è utilizzata contro i dolori spastici dell’addome, come protettivo delle mucose del tratto digerente e come lenitivo dei crampi gastrointestinali.
Poichè la pianta ha azione depurativa sulle vie urinarie, la tisana è utilizzata anche in caso di bruciori o dolori durante la minzione.
Altri utilizzi della tisana sono le inalazioni ai fini mucolitici ed espettoranti.
Viene consigliata anche come stimolante del flusso mestruale.
Gianfranco Mele
BIBLIOGRAFIA E RISORSE SUL WEB
Domenico Nardone, Nunzia Maria Ditonno, Santina Lamusta Fave e favelle, le piante della Puglia peninsulare nelle voci dialettali in uso e di tradizione, Centro di Studi Salentini, Lecce, 2012
Enrico Malizia, Ricettario delle streghe, Edizioni Mediterranee, 2003
Inerboristeria.com, Blog dedicato al mondo dell’erboristeria antica e moderna www.inerboristeria.com