L’altro giorno ho visto il Duce. Stava seduto sul molo del porticciolo di Campomarino. Guardava verso la Libia. La sagoma, la testa pelata, la canottiera nera… E’ lui! Devo parlargli, mi dico. Mi avvicino lentamente. Gli tocco timoroso la spalla destra. Si gira di scatto, mi guarda e accenna ad un sorriso. Mi fissa con i suoi occhioni neri e lucenti senza parlare. Non mi sembra vero: è proprio lui. Vivo e vegeto. È incartapecorito ma è lui. Il Duce degli Italiani. Gli faccio, com’è ovvio, il saluto romano. Mi risponde con il suo inconfondibile timbro di voce: “Comodo ragazzo!”. Mi invita a salire sulla “Fiamma Nera“, la sua vecchia barca ormeggiata, che è diventato il suo nuovo rifugio. Mi confessa che vive da solo, lontano dal suo grande “gregge italico” e persino dalla sua piccola e coraggiosa Claretta. In fondo alla stiva sono appese due drappi raffiguranti il Fascio Littorio e la Bandiera Blu, quale massimo riconoscimento conferito a questo mare dai “Sette colori”, a questa splendida spiaggia dalle alte dune dorate e a questo “Borgo più bello d’Italia”, che si chiama Maruggio.
“Sai” – mi dice il Duce – “sono contento che in paese è stato rieletto un sindaco “al di là della destra e della sinistra” e che, al di là del bene e del male, mi assomiglia pure. Mi piace il vostro sindaco perché ha un aspetto ducesco e un modo di fare controcorrente, talvolta irritante ma insopportabilmente affascinante. Dicono che sia un amabile dittatore. Io ho sempre amato i sindaci-podestà, soprattutto quelli con la mascella volitiva”.
Gli chiedo: “Duce, perché non ti fai vedere in giro? Dopotutto l’aria è cambiata. Oggi c’è il revisionismo storico, c’è Don Matteo il Padano e quella bionda donnina con i suoi “Fratelli italici” (che non sono pochi nel mio paese).
“Per fare cosa” – mi risponde – “Lo sai che non mi piacciono quelli che cercano di imitarmi. E poi? Magari, dopo l’iniziale adunata oceanica nella Nuova Piazza del Popolo (che si chiamava Piazza Dux), mi massacrerebbero, considerandomi un estremista di destra (io che di destra non sono mai stato)”.
“Potrebbe ricominciare a fare il maestro elementare” – gli suggerisco. “Sai, mio Duce, di questi tempi i maestri sono quasi tutti precari. Oppure, potresti scrivere le tue Memorie. Il popolo gradirebbe sapere la Verità”.
“Mio caro Tonino – incalza il Duce – , “No, è meglio che rimango qui. Dopotutto è grazie ad un mio Podestà se questo porticciolo è stato costruito. Sì è vero, nel corso degli anni questo luogo è stato abbandonato, ma noto una leggera ripresa ambientale. Dopotutto qui ho scoperto la via apostolica. Sto seguendo via mare sant’Andrea, il santo protettore dei pescatori. Anche perché questo apostolo assistette alla moltiplicazione dei pani e dei pesci. Dio solo sa, quanto sia oggi necessario, pregare perché la Repubblica vi assicuri almeno il pane quotidiano.”
Minchia! Forse il Duce ha ragione.
Tonino Filomena
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