La città di Lecce è stata sempre dotata di una cinta muraria, sin dall’epoca messapica, pertanto i suoi abitanti sono stati sempre protetti da una struttura difensiva che, nel corso dei secoli, ha sempre avuto nuovi interventi di riadattamento e ripristino, a seconda delle mutate esigenze difensive e strategiche. Nel corso del Medioevo, tuttavia, la cinta muraria venne periodicamente violata ed anche abbattuta.
In particolare nella seconda metà del XII secolo Lecce fu distrutta, al pari di altre città pugliesi, alcune delle quali non si ripresero più e furono abbandonate del tutto, dalla furia del Re di Sicilia, il normanno Guglielmo I de Hauteville detto il Malo. Successivamente, nel 1285, durante la Guerra del Vespro, la città ed il suo castello medievale furono presi da Ruggero di Lauria. Riconquistatala, il Conte di Lecce Ugo de Brienne provvide a riedificarla ma, ancora una volta nel 1296, Ruggero scatenò una violenta offensiva ed in una sola notte la espugnò, dimostrando la debolezza delle strutture difensive che necessitavano di un urgente adeguamento.
Per la modifica della cinta muraria però bisognerà attendere il XVI secolo, sotto il regno di Carlo V, i cui consiglieri militari compresero che, se non si fosse intervenuti in tempo a rinforzare le città pugliesi con un adeguato dispositivo difensivo, queste non avrebbero retto l’urto delle armate ottomane ed il volume di fuoco dei loro pezzi di artiglieria. Così nel 1539 l’architetto militare Gian Giacomo dell’Acaya ebbe l’incarico di ricostruire la cinta muraria ed il castello di Lecce. I lavori proseguirono per ventiquattro anni, conferendo alla città l’aspetto tipico della città-fortezza moderna, ossia munita di possenti bastioni capaci di offrire una valida azione difensiva al tiro delle artiglierie.
Fra i vari baluardi che si ergevano ad intervalli più o meno regolari lungo le mura cinquecentesche, particolare interesse riveste il Bastione di San Francesco che, tra l’altro, è anche l’unico conservatosi integralmente sino ai giorni nostri e che ultimamente è stato oggetto di restauro insieme a parte della cinta muraria. In realtà si tratta di un duplice baluardo a tenaglia, composto da due parti a pianta pentagonale, a facce cieche, cioè prive di aperture verso l’esterno, e sviluppati su tre piani: interrato, primo livello e copertura, uniti fra loro grazie ad un corridore o cassero che attualmente al primo piano è privo di copertura ed è fruibile solo al piano interrato.
L’interno dei due baluardi presenta una casamatta con varie bocche strombate, alcune delle quali destinate al tiro radente e fiancheggiante. Sui fianchi esterni dei due bastioni in alto si aprono sei troniere (Feritoia, apertura praticata nelle mura di una fortificazione medievale per inserire una bocca da fuoco” Enciclopedia Garzanti) tre invece sono sulle cortine. Gli ambienti interni del duplice bastione, tendenzialmente oscuri, prendono luce da piccoli lucernai posti sulle volte e dalle stesse bocche o troniere.
L’intero fronte della difesa ammonta a circa 60 metri articolati su due livelli: uno superiore al livello del fossato, l’altro invece interrato e parzialmente scavato nella roccia sottostante. I due livelli sono separati esteriormente da un toro marcapiano.
Sulle mura del bastione si nota un graffito che rappresenta un tipico gentiluomo del XVI secolo, mentre in alto, lungo uno dei fianchi campeggia l’incisione F.D. LOFREDO, riferita a Don Ferrante Loffredo, Governatore delle Provincie di Terra di Bari e di Terra d’Otranto. Inoltre, nel corso dei lavori di restauro, sono venute alla luce alcune pallottole infisse nelle mura, cosa che fa intuire il fatto che il fossato venisse utilizzato come luogo di esecuzione di condanne capitali per fucilazione fra la fine del XVIII e ed i primi quindici anni del XIX secolo. Tale ipotesi è plausibile giacché nel vicinissimo, quasi confinante, Palazzo Giaconia era dislocato il presidio militare delle milizie francesi presenti a Lecce.
Cosimo Enrico Marseglia