Oggi rimane ben poco del Castello di Gravina in Puglia, risalente al XIII secolo per volere di Federico II di Svevia. Giunto a Gravina nel 1223 insieme all’architetto fiorentino Fuccio, il Puer Apuliae rimase particolarmente colpito dal luogo e dai boschi limitrofi, che costituivano un’ottima riserva di caccia. Decise allora di costruire un castello su di un colle sovrastante la città, dandone l’incarico al suo accompagnatore.
Il progetto di Fuccio ricalcava le concezioni architettoniche tipiche dell’epoca in questione, che prevedevano la duplice funzione di difesa del territorio ma anche di residenza imperiale, benché temporanea. Tra l’altro, conoscendo la storia di Gravina, segnata da diversi assedi subiti e da ribellioni ordite sia dai cittadini, sia dai signori, inoltre essendo la città priva di fortezze per l’avvistamento e l’allarme, il castello aveva anche la funzione di ovviare a tale problema, grazie ad un presidio di militari, oltre a rappresentare una valida riserva di armi e viveri. L’imperatore dimorò nel maniero nel giugno del 1227 e successivamente nel 1234 e nel 1241. Durante il secondo soggiorno Gravina fu elevata a sede della Curia Generale di Puglia e Basilicata che si riuniva due volte l’anno ed aveva funzioni simili alla attuali Corti di Appello.
Anche sotto la dominazione angioina la fortezza conservò la sua funzione di natura strategica ed inoltre abbiamo notizia che sino alla metà del XIV secolo era ancora dislocato al suo interno un presidio militare. Nel 1456 un forte terremoto scosse il Regno di Napoli ed anche Gravina ed il suo castello rimasero seriamente danneggiati. Ulteriori danni alla struttura si verificarono durante il XVII secolo, in seguito all’abbandono dovuto al trasferimento del suo proprietario e feudatario, Filippo Bernaldo Orsini, in Napoli. Infine un violento nubifragio completò l’opera distruttiva il 7 febbraio 1687.
Nel XVIII secolo il castello era ormai un rudere. Esso restò proprietà degli Orsini sino al 1806, quindi successivamente passò alla famiglia Pomarici – Santomasi che, in seguito, lo donò insieme a tutti gli altri beni ad una Fondazione intitolata alla memoria del Barone Ettore Pomarici – Santomasi. Nella seconda metà del XX secolo furono effettuati dei lavori di restauro su ciò che restava del castello ed i ruderi oggi vengono utilizzati per spettacoli ed altri eventi culturali. Inoltre la struttura è stata oggetto di accurati studi e ricerche.
Due documenti risalenti al 1309 ed al 1608, nonché i suoi resti, ci permettono di asserire che il castello aveva una pianta quadrangolare e si sviluppava su tre livelli, mentre l’accesso, garantito da un portale recante sull’architrave le armi di Federico II, si ubicava sul lato orientale. Sopra il suddetto portale si elevava una torre merlata, mentre il cortile interno, cui si sbucava attraverso il portone, consentiva l’accesso alle scuderie, ai magazzini, alle prigioni, alla cucina, al forno ed ad altri locali. Sul lato occidentale del cortile si snodava un porticato con volta ad archi che consentiva di raggiungere il luogo destinato alla falconeria ed agli alloggi di servizio. Un scala detta Regia permetteva di salire al primo piano che prendeva luce da diverse bifore ed era costituito da una grande sala e da vari locali che, girando intorno al cortile, si ricollegavano alla torre sulla facciata orientale ed al cui interno era stata ricavata una cappella dedicata a Santa Caterina.
Cosimo Enrico Marseglia