MELENDUGNO (Lecce) – Chi si trovi a percorrere la litoranea salentina fra San Foca e Torre dell’Orso non potrà non notare i resti dell’antica città di Roca, la probabile Thuria Sallentinamessapica, smantellata per ordine dell’imperatore Carlo V nel 1550 perché divenuta un covo di pirati. Insieme alla città venne dismesso anche il suo castello di cui oggi restano soltanto le rovine che però, tuttavia, danno comunque un’idea della maestosità e delle notevoli dimensioni della fortezza in questione.
Il castello di Roca, o Rocca, fu fatto costruire insieme alla città, giacché quella messapica era ridotta in rovina, nel XIII secolo da Gualtieri VI de Brienne (1304 – 19 settembre 1356 nella Battaglia di Poitiers), Conte di Brienne, di Conversano e di Lecce, nonché Duca di Atene, ed era circondato da un grande fossato profondo circa sette metri e munito di baluardi protesi verso il mare, che lo rendevano praticamente inespugnabile. L’unica possibilità di accesso alla rocca consisteva in un angusto passaggio, noto agli abitanti del posto col nome di La Dogana.
Sul lato rivolto verso terra si aprivano quattro porte, cui si accedeva attraverso ponti levatoi che scavalcavano il fossato. Uno di tali accessi aveva grandi dimensioni poiché doveva permettere l’ingresso dei carriaggi all’interno, mentre le tre rimanenti si presentavano piuttosto strette ed anguste, in modo da consentire il passaggio di una sola persona in piedi per volta. Proprio per le possenti strutture difensive il Castello di Roca fu un vero e proprio baluardo a difesa dell’entroterra salentino contro le incursioni dei pirati turchi e, fra il 1480 ed il 1481, venne utilizzato dalle armate aragonesi come base operativa, insieme a quello di Castro, per la riconquista di Otranto caduta nelle mani degli Ottomani di Achmet Pashà.
Durante le operazioni per la riconquista di Otranto, il Conte di Conversano Giulio Antonio Acquaviva, che aveva ricevuto il comando delle forze direttamente dal Duca di Calabria Alfonso d’Aragona insieme ad un presidio militare di 2 mila unità, provvide ad effettuare dei lavori di rinforzo del castello, per renderlo idoneo al tiro radente fiancheggiante. Inoltre, proprio su iniziativa di Giulio Antonio Acquaviva, le truppe a sua disposizione erano state suddivise, dislocandone metà a Castro mentre la restante parte presidiava Roca. Essendo i due centri all’incirca equidistanti da Otranto, tale disposizione tattica permetteva il controllo delle operazioni nemiche sia a nord che a sud. Come sappiamo il valoroso Acquaviva cadde in uno scontro contro alcune unità turche nei pressi di Giuggianello. La sua testa recisa venne spedita ad Istanbul dal Sultano Maometto II, mentre il resto del corpo, rimasto in sella probabilmente a causa della pesante armatura, fu portato indietro dal cavallo fino a Bagnolo, dove fu visto arrivare tale sinistro cavaliere senza testa.
Nel 1570 veniva eretta la limitrofa torre d’avvistamento costiera che aveva il compito di dare l’allarme in caso di avvistamenti di navi nemiche.
Cosimo Enrico Marseglia