Il Castello di Serracapriola risale all’XI secolo, durante la dominazione normanna. In un documento del 1045 è riportata la cessione della città di Gaudia o Civita a Mare al Monastero di Tremiti, operata da Tesselgardo Conte di Larino ed effettuata proprio in detto castello. In origine si trattava di una delle tante torri di avvistamento sul Fortore, che rientravano nelle fortificazioni a presidio del confine tra i territori longobardi e quelli bizantini. Nel 1100 furono i monaci benedettini dell’Abbazia di Montecassino a prendere possesso della struttura e ad essi, nel corso dei secoli, subentrarono le diverse famiglie che ebbero il feudo di Serracapriola, fra cui gli Sforza, i Guevara ed i Maresca.
La torre originaria aveva una pianta a forma di stella ed era possibile accedere al terrazzo grazie ad una scala a chiocciola. Successivamente, fra il XVI ed il XVIII secolo, il complesso fu ampliato sino ad assumere l’attuale aspetto. Nel 1453 il castello fu donato al Gran Siniscalco Innico Guevara e fu anche la prima sede della Dogana delle Pecore, successivamente trasferita a Lucera ed in seguito a Foggia. Nel 1627 un terremoto causò seri danni alla struttura che venne sottoposta ad interventi di riparazione. Ai Guevara successero nel feudo i Di Capua, quindi i Gonzaga, i D’Avalos ed infine i Maresca, che ne entrarono in possesso nel 1742 e ne sono tuttora proprietari. Nel 2011 sono iniziati dei grandi lavori di restauro del castello.
Il complesso, si presenta a pianta quadrangolare con quattro torri angolari cilindriche scarpate, di cui quella sud-occidentale è in parte inglobata in altri corpi di fabbrica costruiti successivamente sul versante meridionale. Suggestiva è la tecnica costruttiva, composta da file di mattoni sistemati a spina di pesce, intervallati da altri disposti in maniera regolare. La facciata principale, rivolta in Piazza Vittorio Emanuele II, ingloba l’originale Mastiorappresentato dalla torre normanna a pianta quadrata leggermente stellata, che presenta una base a scarpa ed è anche il corpo di fabbrica più alto del complesso. Il castello era circondato da un fossato in parte ancora visibile con uno dei due ponti di accesso.
L’ampio cortile centrale si presenta a pianta quadrangolare ed ospita una botola profonda, nota come il Trabocchetto, che secondo un’antica leggenda conterrebbe un dispositivo a ruota dentata capace di triturare le ossa dei malcapitati gettati all’interno. Gli ambienti interni, tenuti in buone condizioni, presentano delle sale molto ampie, fra cui quella detta del Trono, mentre diversi camminamenti perimetrali consentono di gettare l’occhio sul panorama circostante. Lungo il corridoio sud, in corrispondenza di una finestra murata ma visibile da fuori, si accede ad una cappella con un piccolo altare, la cui costruzione è strettamente connessa ad un triste fatto di cronaca avvenuto intorno al 1716, epoca in cui era feudatario Giovanbattista, figlio naturale di Cesare Michelangelo D’Avalos-D’Aragona.