Il Torrione Angioino, chiamato anche erroneamente castello, è in realtà una delle ventotto torri, ed anche la più grande, inglobate nell’antica cinta difensiva di Bitonto. Secondo alcuni storici fu edificato alla fine del XIV secolo allo scopo di difendere la vicina Porta Baresana. Secondo altri studiosi invece, risalirebbe alla prima metà del XV secolo per volere di Giovanni I Ventimiglia e di Marino Curiale, i cui blasoni risultano scolpiti sui capitelli di due colonnine di un camino al primo piano. I primi documenti che parlano del torrione risalgono all’incirca alla metà del XV secolo, descrivendolo come un dispositivo atto alla difesa radente, mentre in base ad atti successivi si deduce che la struttura fu in seguito adibita anche a prigione.
All’epoca delle contese fra Spagnoli e Francesi per il dominio sul Regno di Napoli, il Duca di Nemours definì il torrione: “Non meno possente della torre di Bruges”. Anche Josè Carrillo de Albornoz, Duca di Montemar, che alla testa delle armate franco – spagnole nel 1734 sconfisse proprio a Bitonto gli Austriaci, determinando l’ascesa di Carlo III di Borbone sul trono di Napoli, ebbe a definirlo come una delle fortezza più resistenti e più difficile da conquistare in tutto il regno.
La pianta della struttura è circolare, molto simile ad analoghe torri napoletane di epoca angioina ma anche francesi. Le mura sono molto spesse ed interrotte dal portale di ingresso e da varie finestre poste a differenti altezze, mentre il terrazzo si presenta merlato. L’interno si sviluppa su tre livelli di cui, il primo ed il terzo hanno una forma circolare mentre il secondo è ottagonale con volte a crociera ed ospita il su citato caminetto. Il collegamento fra i tre livelli avviene attraverso stretti corridoi.
Attualmente, dopo alcuni interventi di restauro, il torrione è utilizzato per eventi culturali ed ospita al suo interno una galleria di arte contemporanea. Alcuni scavi archeologici condotti negli ultimi anni, hanno consentito il recupero di alcune casematte (“Vano coperto ricavato dentro mura, aperto verso l’esterno – per consentire la difesa radente – con larghe feritoie orizzontali in maniera da consentire un ampio settore di tiro o un tiro a sezione prestabilita”da G. Giardella – C Robotti, Il Castello Carlo V. Un’opera fortificata a Capua, Edizioni del Grifo, Lecce, 2000, pg. 95), il rivellino (“… elemento della fortificazione staccato dalla cinta muraria, generalmente più basso di questa ed eretto davanti a una porta, per difenderla dal fuoco e dai proietti lanciati dal nemico …” – Enciclopedia Treccani), un fossato con tracce di un ponte levatoio.
Tutte le 27 torri che costituivano il dispositivo difensivo di Bitonto, inoltre, erano collegate fra loro attraverso cunicoli segreti sotterranei che consentivano lo spostamento delle truppe da un fortilizio all’altro in caso di necessità e celate all’osservatore nemico.
Cosimo Enrico Marseglia