La Torre Normanna di Canneto (nel 1927 con Regio Decreto i Comuni di Canneto e di Montrone furono accorpati ed uniti nel Comune di Adelfia) è probabilmente ciò che resta di un complesso più grande fatto costruire dal nobile napoletano Alfonso Balbiano, trasferitosi nel casale in seguito alle nozze con tal Stella Beatrice. Nel 1147 ebbero inizio i lavori che videro la fine nel 1153. Accanto alla torre il Balbiano avrebbe fatto edificare anche la sua dimora residenziale di cui, purtroppo, non è rimasto nulla.
La fortificazione aveva funzioni difensive ma anche di osservazione ed all’occorrenza per l’invio di segnalazioni in caso di allarme o di soccorso. Le segnalazioni in questione avvenivano con l’accensione di un fuoco sulla cima, in modo che di giorno fosse visibile il fumo mentre di notte le stesse fiamme. Sotto la torre c’era una galleria lunga circa due chilometri, sfociante oltre la cinta muraria in direzione di Acquaviva delle Fonti, che costituiva una via di fuga in caso di necessità. Il pianterreno per un certo tempo è stato utilizzato come prigione.
Nel corso dei secoli la torre ha seguito i destini del Casale di Canneto, passando attraverso diversi signori feudali, fino a giungere nel XVIII secolo alla famiglia dei Marchesi Nicolai, ai quali fu confiscata insieme ai beni di famiglia dopo che il Marchese Domenico Nicolai fu esiliato per ribellione, e venduta. Dopo essere passata di mano attraverso svariati altri proprietari che operarono alcune modifiche stravolgendone l’assetto, nel 1920 fu dichiarata Monumento Nazionale e restaurata. Ora è proprietà del Comune di Adelfia, che ha provveduto ad effettuare diversi interventi di restauro.
La struttura è alta 19 metri ed ha una pianta quadrangolare, coronata in cima da beccatelli e piombatoio su tutti i quattro lati. In un secondo momento era stata rinforzata con uno zoccolo scarpato di cui oggi resta molto poco. L’interno si sviluppa su quattro piani originariamente divisi da impalcature lignee, successivamente sostituite da volte in muratura. I vari piani erano collegati attraverso scale in legno con l’eccezione di quello superiore con quello di copertura che erano uniti da una stretta scalinata ricavata nel muro.
Cosimo Enrico Marseglia