Non abbiamo notizie relative alla costruzione del Castello di Crepacuore, che si ergeva sui monti dell’Appennino Dauno, tuttavia sappiamo che nel 1024 era stato assegnato, insieme all’omonimo casale, alla Curia Vescovile di Troia dagli Imperatori Bizantini Basilio II e Costantino VIII. La fortezza svolgeva funzioni di controllo ed avvistamento per un lungo tratto della Via Francigena. Anche dopo la conquista normanna, il privilegio veniva confermato dai pontefici Alessandro II e Pasquale II in favore della suddetta Curia. Successivamente il maniero entrava in possesso di Ugone di Castel Potone, che nel 1133 concedeva la decima al Vescovo di Troia, ed al quale succedeva il sovrano normanno di Sicilia Ruggero II, che si impossessava del castello, avendo appurato la sua notevole importanza strategica, e lo concedeva all’Ordine dei Cavalieri Gerosolimitani.
Fu sotto la dominazione sveva che ebbe inizio la decadenza della fortezza, specialmente dopo il 1220, quando si instaurò la comunità saracena di Lucera per volere di Federico II Hoenstaufen. A causa delle continue incursioni operate proprio dai Saraceni, non fu più possibile garantire la sicurezza dei commerci ed il transito dei pellegrini lungo la strada e pertanto il castello venne abbandonato.
Saliti sul trono di Napoli gli Angioini, Carlo I si rese conto della notevole importanza strategica della piazza in questione, così ne ordinò il restauro completo ed, una volta ultimato, la utilizzò come base di partenza per l’assedio contro Lucera, culminato il 12 agosto 1269 con la resa dei Saraceni. Terminate le operazioni, il re volle comunque mantenere nella fortezza un presidio militare e qualche anno dopo, nel 1272, concesse ai militari provenzali stanziati al suo interno, di farsi raggiungere dalle rispettive famiglie. Non molto tempo dopo, tuttavia, gli occupanti abbandonarono in maniera definitiva il castello andando a fondare, secondo alcune fonti, le comunità provenzali di Celle San Vito e Faeto.
La caduta di San Giovanni d’Acri con la seguente fine delle Crociate, contribuì alla decadenza della fortezza giacché venne meno il flusso di pellegrini diretto in Terra Santa, mentre un evento sismico del 1456 arrecava ingenti danni alla struttura. Nonostante tutto, qualche anno più tardi, nel 1461, il castello si trovava nuovamente al centro di un’azione bellica, nel corso del conflitto angioino – aragonese, quando il presidio militare angioino, agli ordini di Giovanni d’Angiò, cacciato da Orsara dalle forze iberiche, cercò riparo proprio tra rovine del Castello di Crepacuore ma il nemico intuì la mossa e lo prevenne. Caduti prigionieri, gli Angioini vennero trucidati dagli Aragonesi e da quel giorno la valle superiore del Sannoro, affluente del fiume Cervaro, venne chiamata Lago di Sangue.
Secondo quanto afferma lo storico del XVIII secolo Nicola Flammia, ai suoi tempi erano ancora visibili le vestigia del castello che però veniva chiamato Castiglione. Oggi di quella fortezza non resta più nulla e la collina si erge vuota in cima, memore delle glorie passate.
Cosimo Enrico Marseglia
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