Cari amici, permettetemi di proporvi un frammento del mio nuovo libro (in corso di lavorazione) dal titolo “L’infanzia perduta “. Chi come me è nato negli anni Cinquanta non potrà mai dimenticare le proprie origini, umili ma dignitose.
«Ogni volta che la mia infanzia viene a farmi visita mi appare come d’incanto la mia prima casa. La casa di quand’ero bambino è quella che ancora oggi si trova in via Fiume, nel centro del mio bel paesello, a pochi passi dall’asilo della maestra Rosina e a cinquanta metri dalla mitica Piazza del Popolo. (…)
La casa dove sono nato me la sono “goduta” fino all’età di otto anni. Era la casa attigua a quella dei miei nonni paterni e dirimpetto all’abitazione dei nonni materni. La mia casa era più o meno come tutte le case dei ceti più poveri del paese. Le case dei poveri avevano il pavimento sterrato di due o tre gradini più basso del livello stradale. La miseria trasudava dalle pareti giallastre e umide delle piccole e poche stanze dentro le quali trovavano rifugio perfino i topi. Poche case avevano l’acqua corrente, che bisognava attingere alle fontanelle pubbliche situate in ogni angolo delle vie principali del paese. (…)
La mia casa aveva due piccole stanze, ammobiliate con cura e semplicità, e una minuscola sala da pranzo, in fondo alla quale stava un piccolo camino. Durante i mesi invernali l’ambiente veniva riscaldato con la frascèra (braciere) colma di carboni rivenienti dal piccolo camino. Mi divertivo nell’osservare la nonna Chicchina quando rimestava la cenere con una rudimentale paletta. Ed io che approfittavo delle sue distrazioni per buttare i ceci nel braciere. Gioivo nel farli scoppiettare » (…)
Tonino Filomena
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