Francesco Grisi. A 25 anni dalla scomparsa. 4 aprile 1999. Era nato, da genitori calabresi a Vittorio Veneto, il 9 maggio del 1927. Il padre era Maresciallo maggiore dei Carabinieri ed era stato dislocato in quella città. Ma i genitori erano originari di Cutro. A Cutro, Francesco Grisi, è rimasto molto legato. Al mare di Pitagora, alla Magna Grecia, ai simboli che il mito Greco ha tramandato. Soprattutto nei suoi tre romanzi (A Futura memoria) del 1986, Newton Compton, romanzo con il quale è stato finalista al Premio Strega, Maria e il vecchio del 1991 e La poltrona nel Tevere del 1993, entrambi pubblicati da Rusconi) il tema della memoria (che non è da intendersi in termini di problematicità storica o di realismo magico, ma è prevalente il senso del misterioso e della pagina simbolica) si lega a due elementi portanti.
1. Il viaggio come metafora non solo della partenza ma anche del ritorno: l’antico ritorno è un rimando di immagini e di prospettive liriche e pittoriche.
2. La religiosità. Grisi, fedele alla sua cultura cattolica e alla formazione classica, vedeva nel sentimento del sacro il bisogno di rivelazione e di redenzione dell’uomo contemporaneo.
Al tema del viaggio e del sacro si affianca il tema del deserto. La vera uscita di sicurezza di Grisi sta nella metafora – speranza della Terra Promessa. Soprattutto nei romanzi del 1986 e del 1991 il sentire il sacro come modello di redenzione lo portava a ridefinire il profilo anche dei suoi personaggi.
I suoi scritti su San Francesco d’Assisi e San Francesco di Paola, su Gioachino da Fiore, su Renan, su Giovanni Paolo II, su i Vangeli (le Lettere a Marco, a Giovanni, a Luca, a Matteo) sono una emblematica offerta testamentaria. Il suo credere che la vita non è una linea retta ma si legge come metafora del cerchio non porta soltanto un richiamo vichiano, ma delinea, appunto, le avventure che i personaggi si trovano a vivere all’interno dei contesti narranti.
Queste cesellature sono vive non solo nella narrativa ma anche nella poesia. Grisi ha pubblicato libri di poesia come Un amore edito da Pellegrini nel 1992 o Affettuoso pensiero edito da Thule nel 1994 o Dopo tutto un bel gioco questa vita edito da Serarcangeli nel 1996. Le visioni oniriche e le risultanze letterarie sono un mosaico i cui tasselli stanno tra la prosa e la poesia. Si tratta di una forma di scrittura diversa ma i contenuti e le questioni esistenziali che emergono hanno sempre una loro omogeneità. Alla base ci sono quei sostrati culturali di cui si parlava prima. Grisi ha, tra l’altro, raccontato, nei suoi romanzi, molte città. Le ha descritte, le ha dipinte e non solo con le parole (ma, tra l’altro, attraverso le forme perché Grisi dipingeva anche ed ha lasciato molti suoi quadri con una vivacità di toni), le ha vissute.
In ogni città visitata (ha viaggiato molto per mare e spesso visitava, appunto, i luoghi di fermata) è riuscito a raccogliere un particolare spaccato tanto che di questa sua esperienza ne ha tratto un libro di testimonianze, molto suggestivo, dal titolo: Ricordo di città, pubblicato da Trevi nel 1978. Il tema del viaggio resta centrale. Anche nei suoi studi sulla letteratura. Grisi è come se viaggiasse all’interno degli altri scrittori: da Corrado Alvaro a Diego Fabbri, da Cesare Pavese a Tomasi di Lampedusa, da Giuseppe Prezzolini ai Futuristi (ai quali ha dedicato un libro nel 1990 edito da Newton Compton), da Jacopone da Todi (La protesta di Jacopone da Todi, Trevi, 1969) a I Crepuscolari (ancora Newton Compton, 1990).
Grisi nasce come critico letterario. Grisi fu allievo di Giacomo Debenedetti e i suoi primi scritti sono sulla linea di una ricerca improntata sul rapporto tra destino e personaggio nel romanzo contemporaneo. Si pensi al libro edito da Ceschina nel 1961 dal titolo Incontri in libreria (scrittori italiani d’oggi) o al testo che può considerarsi una chiave di lettura precisa della sua ricerca sul romanzo: Avventura del personaggio, Ceschina, 1968. Sino a Dialogo sui protagonisti del secolo (intervista con Fausto Gianfranceschi) pubblicato da Lucarini nel 1989 e a Scrittori Cristiani (volenti o nolenti) edito dalla Piemme nel 1995 che raccoglie, quest’ultimo, la sintesi del suo viaggio all’interno della letteratura cattolica.
Grisi non ha mai privilegiato gli ambienti, la duplicazione del reale, la descrizione delle cronache. Nei suoi scritti, sia essi narrativi e poetici che saggistici, c’è sempre la dimensione del simbolo, come già si diceva. “La esperienza del sacro, scrive Francesco Grisi in Scrittori cristiani (volenti o nolenti), descrive e ordina, distingue e non cede ai compromessi. (…) La concretezza del sacro accetta e ama la tradizione, rifiutando la novità del conformismo e lavora per il ‘nuovo’ che il tempo richiede dalla nostra passione”.
Il tempo costituisce non solo un “attraversamento” esistenziale ma è un architrave che regge le colonne di quel sentire mito – poetico che, in Grisi, si stabilizza nel sentimento del misterioso e del sogno. Anche quando la storia sembra prendere il sopravvento (si pensi al saggio su Giuseppe Mazzini, Rusconi 1995 o alla Storia dei Carabinieri, Piemme 1996) il narratore si libera di alcuni schemi analitici per raccontare con il fascino di un linguaggio che coinvolge sul piano emotivo.
Emozione. E’ proprio il termine che si adatta a quei testi che esulano dal campo narrativo, ma che non rientrano neppure in quello strettamente scientifico. Grisi sosteneva, in fondo, di scrivere sempre un diario. D’altronde i suoi libri sono su questa linea. A cominciare da quei libri di racconti pubblicati dall’editore Pellegrini. Da Il mantello di Faust (1981) in poi. Sono questi testi di racconti che stanno alla base dei romanzi citati prima. Grisi “giocava”, letterariamente, ad incastro. Seguiva una sua poetica e nel corso della scrittura elaborava sempre nuovi modelli.
Personaggi e avventure formavano un racconto che si presentava con delle sfaccettature che superavano sempre il dato cronachistico. Uno dei sentieri problematici che ha sempre caratterizzato l’opera di Grisi è da individuarsi nell’ironia. L’ironia è un filo sottile che lega l’indefinibile recita della vita con le maschere che sono dentro la letteratura. La letteratura come vita, in termini dannunziani, ma anche come finzione, appunto, nell’indefinibile della rappresentazione che conosce la finzione della maschera.
La letteratura, i romanzi di Grisi lo evidenziano, sembra essere una finzione che cattura i sentieri incantati dell’essere. E’ fatta di anima e di tempo la parola narrante e poetica di Francesco Grisi. Anche quando raccoglie le Leggende e racconti della Calabria o quando ci offre Il Natale storia e leggende (entrambi Newton Compton, il primo 1987 e il secondo 1988). O quando pennella, con i suoi chiaro scuri, Vacanze in Calabria (Pellegrini, 1989). Qui la ricerca del tempo perduto si veste di attesa di un’infanzia che solo la letteratura può “magicamente” restituire grazie ai simboli del linguaggio.
Francesco Grisi è stato anche un operatore culturale. Ha dato vita nel 1970 al Sindacato Libero Scrittori Italiani, di cui è stato segretario generale sino alla sua scomparsa avvenuta a Todi il 4 aprile del 1999.
A questo suo impegno di organizzatore di cultura sono legati diversi Convegni di studi, diversi Premi letterari, una mobilitazione all’interno di un dibattito editoriale che lo coinvolgeva nel profondo e che innescava un vitale confronto sui temi della politica culturale di questi anni. A questo suo interesse per la cultura come libertà di espressione, al di fuori di ogni etichetta, rimangono collegati anche alcuni suoi scritti di polemista inerente il ruolo dell’intellettuale nella società contemporanea. Da Poteri dell’intellettuale integrato, Pellegrini, 1978 a Intervista all’intellettuale reazionario, Thule, 1987.
Un itinerario dialettico sui temi della cultura contemporanea. Un dettato che ha sviluppato nel corso degli anni, sino a poche settimane della scomparsa, con i suoi “pezzi” pubblicati su quotidiani e riviste. Francesco Grisi ci ha lasciato consegnandoci due libri. Uno pubblicato nel 1997 dal titolo La dolce compagna (provvisorio diario di uno scrittore ammalato di cancro) edito ancora una volta da Pellegrini. Un racconto straziante ma lucido. Vichianamente Francesco Grisi ci conduce non lungo il fiume ma ci fa navigare un lago. E’ il lago della memoria. “Nella memoria, nessuno scompare e finisce. Non so come ma tutti risorgono. E quando li chiamiamo con la memoria vengono a trovarci. La vita è senza morire” (in La dolce compagna) . E poi: “La resurrezione. Viene per tutti. Peccatori e santi. Vinti e vincitori. Per quelli di prima e per quelli che non sono riusciti a destinarsi”. Le metafore chiudono il cerchio. Il viaggio si fa intenso e denso di significati e di contenuti. Ponzio Pilato racconta. Tra Gerusalemme e Roma c’è il Mediterraneo.
Ci sono i radicamenti greci che sono un lungo sentiero. L’incantesimo è fatto di nostalgia e di canti. “Vorrei vivere vicino questo dolce mare e nel verde degli ulivi. E vedere dalla collina i delfini che danzano nel mare dei greci”. I ricordi sono nella nostalgia. Ma la nostalgia è memoria che traghetta i sentimenti e le emozioni in una passione che ci fa vivere. Pilato non è soltanto storia. Le città non sono soltanto immagini. Il mare non è soltanto un’onda. I sogni non sono soltanto fantasia. E’ tutto nel travolgimento di un viaggio. In questo viaggio la resurrezione non é soltanto una metafora o un’allegoria. “Nella resurrezione la nascita e la morte sono un solo punto. Il cerchio si chiude”.
Lo scrittore cerca l’uomo e viceversa. Si incontrano. Si parlano. Si dichiarano. Ritornano le radici come segno di una antica fedeltà. Ritornano la Calabria , il mare, il viaggio, l’attesa e i sogni che sembrano dei fantasmi. Ma la malattia preannuncia l’ultimo viaggio. Ovvero, quella “notte lunga” che ci introduce, appunto, in un sentire indefinibile. Così Grisi nell’Introduzione a Pensieri di pace e di speranza di Giovanni Paolo II, edito da Newton 1992: “La preghiera è partecipazione attenta alle cose del mondo che, anche per il miracoloso della preghiera, perdono la storia per diventare necessari passaggi attraverso i quali si compie la salvazione. Ogni cosa è necessario che avvenga. Anche la Via Crucis della perdizione. (…) La preghiera riscatta la storia dal suo peccato di essere esistenza. E non significa un movimento di labbra, ma una partecipazione responsabile al destino di un uomo o di una società. Significa anche entrare nei disegni di Dio per liberarsi dalla schiavitù del potere, dell’abitudine, dalla desolante ipocrisia quotidiana”.
Un mio primo saggio dedicato a Grisi uscì agli inizi degli anni Novanta e venne pubblicato da Serarcangeli (dal tutolo “Con cuore amico”: un lungo racconto nel quale si tracciano delle linee non solo critiche ma di confronto narrativa) ma un testo più completo con una ricca bibliografia e una nota biografica venne pubblicato nel 2000 dall’editore Pellegrini al quale Grisi rimase sempre legatissimo.
La notte lunga è il breve romanzo, non più provvisorio, pubblicato postumo, ovvero nel 2001, sempre da Pellegrini. Contempla quella “dolce compagna” di qualche anno prima, ma il percorso sul piano letterario è ben definito. Si tratta proprio del suo breve romanzo postumo, che si colloca accanto agli altri tre già menzionati. Si tratta, infatti, del suo quarto romanzo in cui memoria – viaggio – attesa si congiungono strettamente con quel misterioso che qui non conosce più finzioni, né maschere e né sconfitte. Mentre Carlotta. Regina del Messico (altro testo postumo, Il Coscile) è il suono dell’ironia dentro la memoria. un racconto sulla linea del sogno e della metafora.
I giorni non si somigliano tutti (edito da Pellegrini) è, invece, il primo romanzo, finora inedito, che porta la data del 1958 – 1959. E’ pubblicato, come il precedente, in collaborazione con il Centro Studi e Ricerche “Francesco Grisi”, il quale ha già dato alle stampe due saggi su Grisi (uno di questi è una monografia risalenti al 2000). Altri inediti verranno pubblicati nel corso del 2014. Recente è un lavoro della Nemapress che ha puntato al Viaggiando con Francesco Grisi nei luoghi della Magna Grecia.
Cosa resta oggi? Resta lo scrittore che ha raccontato la nostalgia e il tempo nell’infinito desiderio di quegli echi che si ascoltano come simboli di un viaggio che continua ad essere memoria. Ma lo scrittore è memoria nell’indefinibile passione vita – morte. Francesco Grisi è questa memoria che raccoglie i giorni della letteratura nel quotidiano dei giorni che si sono racchiusi nella conchiglia del nostro vivere. Francesco Grisi oggi, ancora oggi, continua a mancarci. La sua assenza è un vuoto che si avverte e si ascolta.
Pierfranco Bruni