Verso la fine del XIV secolo dopo la battaglia in Kosovo del 1389 le truppe turche entrarono nel territorio albanese distruggendolo e anche se, in un primo tempo, lasciarono una parvenza di indipendenza ai capi albanesi, in realtà, ben presto passarono ad una vera occupazione militare con l’instaurazione di un loro sistema feudale.
Dall’altra parte Venezia, promettendo compensi e aiuti ai capi albanesi, otteneva spesso la cessione di territori e città come ad esempio Durazzo da Giorgio Topia (1392), Alessio dai Dukagini, Scutari da Giorgio Balsa.
L’instaurazione del sistema feudale turco provocò però dei malcontenti tra i capi albanesi che sfociarono in delle rivolte come quella tra il 1432 e il 1435 capeggiata da Giorgio Arianita. L’albanese che per un quarto di secolo riuscì a opporsi agli eserciti turchi fu Giorgio Castriota Scanderbeg (come abbiamo avuto modo di sottolineare nel capitolo precedente). Ostaggio del sultano divenne un eccellente comandante del suo esercito con il soprannome islamico di Iskander Beg (ovvero Principe Albanese) che gli Albanesi o i Serbi tradussero in Scanderbeg e a questo nome, egli stesso, aggiunse il titolo Bey cioè generale dell’esercito turco che era il più alto grado nella carriera militare del tempo(12), come si dirà più avanti.
Durante la guerra tra Murad II e il condottiero ungherese Giovanni Hunyady il Castriota fu mandato in Albania a contrastare l’avanzata degli ungheresi. In questa occasione avvenne la ribellione di Scanderbeg contro i turchi e la sua conversione alla fede cristiana.
Nel 1443 si impossessò di Kroja e dei territori appartenenti alla signoria dei Castriota. Croja divenne caposaldo delle prime organizzazioni e il luogo dove Scanderbeg, ora cristiano battezzato, diede inizio alla difficile operazione di ricostruzione civile delle sue genti. Per questo ripristinò i vecchi ordinamenti in parte aboliti dalla dominazione turca. L’impresa era ardua a causa di un sistema feudale rigido e difficile da abbattere creato da secoli di rivalità e odi. Convocò una assemblea generale di tutti i capi albanesi nella città di Alessio, (Lezhe, a quarantuno chilometri da Scutari) allora possedimento di Venezia, invitando i rappresentanti delle Repubbliche di Venezia e Ragusa.
L’assemblea ebbe luogo ad Alessio nel 1444 e istituì la Lega Albanese o Lega di Alessio. L’assemblea scelse per capo Scanderbeg che riuscì a convincere tutti della necessità di unirsi per combattere il comune odiato nemico. Il Sultano. Per la guerra i principi si impegnarono in linea generale a fornire uomini e a versare denaro in rapporto inversamente proporzionale. Più danaro e meno soldati e viceversa. Il Castriota poteva contare su circa duecentomila ducati d’oro, provenienti da vari kapedan alleati, dalle sue rendite del principato di Croja e dalle saline di San Nicola di Guri, presso Durazzo. Riuscì a comporre un esercito di circa diciotto mila unità, per metà cavalieri e per metà fanti(13). Anche da questi primi atti si può comprendere come Scanderbeg avesse le caratteristiche del leader politico che riuscì nell’impresa di unire i rissosi kapedan dell’Albania. Scegliere Croja come sede del convegno avrebbe insospettito gli altri principi per i quali si imponeva una sede neutrale. Strategica fu la scelta di coinvolgere Venezia nella Lega dei Principi Albanesi, senza il cui appoggio ogni piano di resistenza ai turchi era destinato a fallire. Murad furioso per il tradimento del suo protetto gli inviò contro un esercito di venticinquemila uomini guidato da Alì Pascià. Lo scontro avvenne il 29 giugno 1444 a Torvioli, nella bassa Dibra e i turchi riportarono una cocente sconfitta(14). È necessario inquadrare la problematica relativa alla presenza di Scanderbeg in Italia(15).
NOTE
(12) Cfr. Francione, G., Scanderbeg un eroe moderno, Costanzo D’Agostino Editore, Roma, 2003.
(13) Idem.
(14) Idem.
(15) Cfr. Noli, F.S., Scanderbeg, Argo, Lecce, 1993.
Micol Bruni