Non so se la politica dovrebbe essere la “scienza dell’uomo” o se noi dovremmo poterla considerare tale. Machiavelli e Guicciardini non si sono giocati la loro partita sul tavolo dell’etica o della morale. Piuttosto del comportamento dell’uomo che ha una sua “ratio” ma anche uno suo squilibrio.
Non so se considerarci “profeti disarmati” (Savonarola è una testimonianza ma non un testamento) o chiedere alla “ragione” di diventare critica o per lo meno kantiana ma di una cosa sono convinto in questo nostro tempo triste che ha lo sguardo inquieto.
Il post – illuminismo ha forzato il giacobinismo partendo da un’idea prettamente rinascimentale che è quella di realizzare l’uomo nuovo.
Ma l’uomo nuovo non esiste, non può esistere. Esiste l’uomo con le sue passioni, i suoi dubbi, le sue ipocrisie. Ed è questo uomo delle contraddizioni che crea le epoche fragili e deboli o le epoche dominanti nella loro fortezza, che resta una virtù fondamentale. Come sono certo che la modernità è nel sempre di ogni tempo.
La crisi della politica non è la caduta delle idee. Piuttosto è la debolezza degli uomini, delle loro coscienze, delle loro ingratitudini, delle loro incoerenze. Mali che rendono il viaggio senza consolazioni ma restituiscono al pessimismo l’amarezza.
Gli uomini sono tutti dei giocatori. È inutile rileggersi Dostoewskij. Il giocatore, non il gioco della menzogna del fanciullino pascoliano, deve conoscere i limiti, le puntate, la prudenza, il coraggio, il rischio, la scelta. Gli uomini di questo nostro tempo sono cattivi giocolieri perché pensano che la fortuna senza la virtù (ritorniamo a Machiavelli) può avere un ruolo determinante. Non è così.
Proprio ieri mia figlia mi diceva. Vedi, che ancora alla tua età (ovvero alla mia età) non hai ben compreso l’essere umano. Ci sono persone che abitano addirittura negozi di scarpe. Difficile, a dire il vero, questa metafora. Cosa voleva dire? Semplice. Gli uomini non calzano soltanto un paio di scarpe. Ci sono piedi che ne calzano quattro. E una sola scarpa, a volte, può contenere quattro piedi.
Il Nodo di Gordio, dunque è sciolto. La politica è in questo gioco che può sembrare effimero ma non lo è.
Il vero giocatore, riprendo la parola e rivolgendomi a mia figlia, è quello che trovandosi in un Casinò (ho detto casinò e non casino) punta un tavolo verde e si ferma per una intera nottata tra sconfitte e vittorie e resta impeccabile (come il guerriero di Castaneda) sino a sorridere per la sua coerenza nell’essere rimasto fiero e nobile seduto al suo posto.
Il vero scommettitore è quello che entrando in Ippodromo sa già sino alla fine di tutte corse su quale cavallo spendere il suo numero. O vince o perde. Ma deve restare fedele e affidabile.
Gli uomini non sono né fedeli e tanto meno affidabili.
Per il mondo cattolico basta una Damasco per correggere il percorso. Per un guerriero il problema non si pone.
Per un Sufi ci sono le stelle danzanti nel giro derviscico. In questo nostro tempo di agostiniana testimonianza chiediamo ancora coerenza alla politica?
È proprio vero che “gli uomini non operano mai nulla bene se non per necessità” (Machiavelli).
Ma c’è una certezza che invade le mie conoscenze. Meglio essere folli che imbrigliarsi nella ipocrisia dei savi. I folli non abiterebbero mai un negozio di scarpe. I savi ipocriti sanno calzare scarpe sempre al momento opportuno e i loro piedi, anche tra le piaghe, resistono al riso degli sciocchi, ma arriverà il tempo delle scarpe chiodate.
di Pierfranco Bruni
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