Domenica scorsa si sono chiuse le porte del ex convento dei cappuccini, a Grottaglie, ed è calato il sipario sulla la terza edizione del Grottaglie Foto Festival.
La manifestazione, organizzata dall’Associazione Fotografica 2.8, inaugurata il 7 novembre scorso, ha offerto cinque giorni di attività legate al mondo della fotografia: incontri con gli autori, test di prodotti e di materiale fotografico – grazie al supporto di Fujifilm Italia e di Mastromediapix – workshop tenuti da Antonio Iacobelli e da Alberto Buzzanca, in concomitanza con la mostra, che ha esposto i lavori di Emanuele Franco, con il concept “Identità di profilo: oltre l’apparire”, di Gaetano Gianzi e il racconto sulla Settimana Santa 2013 a Taranto, di Guido Gulielmelli che ha proposto la tradizione dei “carbonai di Serra San Bruno”, di Roberto Pireddu e i suoi guizzi di ingegno raccolti nelle strade del mondo e la “Terra degli uomini liberi” di Spiro Sanarica. Due collettive: “Obiettivo Storia”, frutto del progetto ideato e seguito da Domenico Semeraro in collaborazione con le associazioni “Timeline” e “I ragazzi del 25”e “Io 2.8”, a cura dei soci del circolo.
Notevole il successo di pubblico, composto da professionisti, appassionati e liberi fruitori, partecipanti all’evento, che ha avuto il merito di far percepire quanto poco sia ancora conosciuta l’arte fotografica, sebbene l’immagine su pixel, oggi, sia davvero alla portata di tutti. Ed è ancora l’antico dilemma della distribuzione della percentuale di capacità nel binomio fotografo – strumento fotografico, a tenere banco nei dibattiti del popolo dello scatto. Ma, per poter realizzare immagini artistiche, scientifiche, sociali, filosofiche il fotografo deve possedere conoscenze artistiche, scientifiche, sociali e filosofiche, come potrebbe altrimenti realizzare immagini? Non esiste un’arte fotografica ingenua, priva di intelligenza concettuale. La vera Fotografia è immagine di concetti.
Nella savana di mezzi artificiali, spetta al “gesto fotografico”, per dirla alla Flusser, muoversi in uno spaziotempo, tale da determinare l’intenzione del fotografo. Mondo da fotografare e apparecchio fotografico sono solo i presupposti dell’immagine, sono eventualità da realizzare. Non sono la realtà. Quello che diventa reale è solo la fotografia. La straordinaria molteplicità e l’equipollenza dei punti di vista, nei confronti di un oggetto, porta il fotografo ad una inversione vettoriale di tutto ciò che è imposto dalla ideologia di clonazione mentale postindustriale. Ed è solo quando il fotografo non è più tale, che inizia a capire la Fotografia e questo avviene solo quando il fotografo diventa pensiero autonomo, staccato dalla manipolazione ideologica della corsa alla potenza della tecnica, necessaria per sopperire alla carenza gnoseologica.
Ed è stato chiaro come, tutto questo, fosse registrato nelle superfici di quella serie di lavori in mostra, in cui si leggeva la chiara intenzione di fondo, le ragioni sottese allo scatto, completamente scevre di dubbi nell’evoluzione di un percorso artistico, ma ferme e decise nella volontà di comunicare attraverso un mezzo, senza lasciare spazio ad inutili scelte arbitrarie, che rischierebbero solo di rendere una realtà pluridimensionale. E davanti alle informazioni classificate che, bisognerebbe soffermarsi per capire che una foto ha più livelli di lettura, nessuno dei quali può responsabilmente attuarsi senza una, seppur epidermica, conoscenza dell’autore. Ma, se nel livello indicativo il fine della ricerca è la verità, in quello imperativo è, sicuramente, il bene. Cosa serve, dunque, per giungere a carpire il più alto grado di elevazione delle informazioni fotografiche, quello ottativo? Serve avere meno. Per raggiungere la bellezza, serve leggerezza, al fine di lasciare a terra le zavorre dell’ostentazione da forum e librarsi verso feedback emozionali, in cui la fotografia non è regina per un giorno.
La variegata offerta della esposizione della terza edizione del Grottaglie Foto Festival, ha contribuito, e non poco, alla dimostrazione della varietà di un universo fotografico, che comunica in continuo divenire la sua autonomia di pensiero e di espressione. Tanto meno, in futuro, questo mondo sarà stretto da una morsa di formalismo, tanto più si riuscirà a traghettare il “gesto fotografico” dall’azione alla ricerca, dall’apparenza alla libertà.
Alessandra Basile