Sarebbero ben presto finiti sulle nostre tavole, gli otto quintali di molluschi bivalve (cozze nere) che, nell’ambito di verifiche dirette alla tutela della salute pubblica inerenti la filiera della pesca, personale della Sezione Polizia Marittima appartenente alla Capitaneria di Porto – Guardia Costiera di Taranto, ha sottoposto a sequestro giudiziario, perchè priva di ogni documentazione/certificazione sanitaria attestante l’edibilità del prodotto. In particolare, l’attività di controllo del territorio da parte del citato personale della Guardia Costiera di Taranto consentiva ai militari di notare un furgone di colore bianco nei pressi di una banchina del 2° seno del Mar Piccolo, a bordo del quale un individuo era intento a caricare un ingente quantitativo di sacchi contenenti mitili (cozze nere). Insospettiti dall’attività, i militari decidevano di seguire il furgone che terminate le operazioni di carico, aveva assunto direzione di marcia verso la Strada Provinciale 78 per Taranto. Lungo la strada il furgone veniva quindi fermato dall’auto-pattuglia di militari ed al suo interno si rinvenivano n° 80 sacchi di prodotto ittico ( Cozze nere) per un totale di circa otto quintali pronti per essere posti in commercio. Considerato che dalla documentazione a corredo del carico risultava che lo stesso, trattandosi di prodotto non stabulato (procedura che lo stesso avrebbe dovuto scontare atteso che proveniva dal Secondo Seno del Mar Piccolo), anziché essere diretto ad un Centro di stabulazione, era diretto ad un Centro di spedizione per la immediata commercializzazione al consumatore, tutto il prodotto veniva sequestrato penalmente in quanto nocivo per la salute pubblica. L’intera attività veniva prontamente riferita alla locale Autorità Giudiziaria, alla quale sono stati formalmente trasmessi i relativi atti così come la denuncia nei confronti del responsabile dell’attività illecita. Occorre precisare che l’attività di che trattasi nulla a che vedere con il cosidetto fenomeno delle “cozze alla diossina”, atteso che il prodotto in questione, provenendo dal secondo Seno del Mar Piccolo era perfettamente commercializzabile, qualora avesse subito il previsto ciclo di stabulazione, volto ad abbattere la carica batterica presente, processo che evidentemente individui senza scrupoli avevano pensato bene di far “saltare”, per un mero ritorno economico, ponendo così in grave pericolo la salute pubblica dei consumatori.
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