Il 2 maggio di 500 anni fa moriva Leonardo Da Vinci. Il prossimo lunedì 6 maggio Pierfranco Bruni aprirà le Celebrazioni su Leonardo da Vinci in Albania al Consolato Generale d’Italia a Valona con una Lectio Magistralis su “I 500 anni di un profeta delle arti e delle scienze”, Salone del Consolato ore 10.00, nell’ambito delle manifestazioni “Leonardo da Vinci. Uomo dal multiforme ingegno. Il genio prima della scienza”.
Leonardo da Vinci a 500 anni dalla morte. Era il 2 maggio del 1519. Immensa è la bibliografia di Leonardo. Percorsi, profili, intercettazioni tra arte, scultura, ingegneria e letteratura. La sua arte ha segnato i secoli. Così come l’attrazione verso il mistero dei suoi volti, dei sorrisi, delle bocche. Una seduzione. La seduzione è il cerchio magico nel cuore che si sposta tra gli sguardi e diventa attrazione. Quando si prende consapevolezza che “L’età, che vola, discorre nascostamente, e inganna altrui; e niuna cosa è più veloce che gli anni, e chi semina virtù, fama raccoglie” (Leonardo da Vinci), tutto diventa infinitamente possibile. Quando la cultura scientifica si lega a quella umanistica il percorso della ricerca diventa onto-metafisico. In un tale contesto è il Rinascimento che ha maggiormente esplorato gli intagli del cielo della terra del fuoco dell’acqua e del vento. Questo significa che è necessario saper ascoltare e percepire.
“Saper ascoltare significa possedere, oltre al proprio, il cervello degli altri.”, ovvero Leonardo da Vinci. Leonardo di ser Piero da Vinci era nato ad Anchiano il 15 aprile del 1452. Muore ad Amboise il 2 maggio del 1519.
Il pensiero di Leonardo offre una visione dell’uomo nella sua centralità rinascimentale in cui la scienza e la metafisica sono processi dialoganti.
La dimensione dello sguardo è una proposta che riesce ad essere non solo profetica ma culturalmente rivoluzionaria.
Dalle scienze alle arti e dalla filosofia alla letteratura Leonardo resta sempre un innovatore e un inventore alla cui base il riferimento resta l’idea.
Il pensiero di Leonardo è rivoluzionario a cominciare dalle tensioni sulla concetto di tempo e di spazio.
È proprio la lettura dello spazio che innerva una ricerca tra l’esistente e la progressione di futuro. Sul limite della eresia ha sempre saputo usare l’elemento scientifico applicato alla interpretazione.
Le sue opere costituiscono la centralità della ricerca della bellezza. Non solo la “Gioconda”.
Nelle rappresentazioni delle “madonne” insiste una visione chiaramente femmina in cui la ricerca della bellezza è l’incontro tra il religioso è la sensualità. Un processo artistico in cui il sopravvento non è più medioevale ma prettamente rinascimentale. Il Rinascimento come proiezione dello sviluppo tra l’umano ancestrale e il divino greco – romano. Si pensi alle “Vergini”.
Quella della roccia sulla quale Gabriele D’Annunzio fonda la sua percezione del suo romanzo “Le Vergini delle Rocce” e ogni atmosfera ha la bellezza e l’eleganza rinascimentale di Leonardo. Tutto il romanzo del 1895 di D’Annunzio è imperniato su Leonardo. “Io farò una finzione, che significherà cose grandi”. Ogni sezione del romanzo ha l’apertura leopardiana. Ma D’Annunzio scriverà anche sulla Leda e una tragedia per Eleonora Duse dal titolo “La Gioconda”.
Il sorriso delle donne di Leonardo hanno uno spiccato senso di ironia. Il sorriso di queste donne ha una visione di attesa, tanto da far dire a Valery: “Il ‘sorriso della Gioconda’ non pensa a nulla. Ella dice attraverso quel sorriso: ‘Io non penso a nulla – è Leonardo che pensa per me’”. Oltre al sorriso ci sono gli occhi, lo sguardo, il naso, ovvero la complessità espressiva dell’intero volto. Il volto ha una velatura espressiva toccante è la recita di donne madonne e cortigiane.
L’uomo Vitruviano porta Leonardo nell’arcano del platonico modello aristotelico. Le sue “macchine” sono tempo da leggere. Il dipinto sulle tavole ha lo sguardo degli occhi. Le donne – madonne sono ancora la tradizione medioevale. Leonardo è certamente oltre Dante. Oltre lo stesso umanesimo. Non bisogna dimenticare che la sua è l’epoca di Machiavelli. Ovvero della “prassi” come pensiero forte.
Aveva come principio portante questo percorso:
“Ogni parte aspira sempre
a congiungersi con l’intero
per sfuggire all’imperfezione;
L’anima sempre aspira
ad abitare un corpo
perché senza gli organi corporei
non può agire ne sentire.
Essa funziona dentro il corpo
come fa il vento
dentro le canne di un organo,
se una delle canne si guasta
il vento non produce più il giusto suono”.
L’idea del pensiero forte viene ad essere mutuata da Machiavelli attraverso un processo culturale greco romano. Leonardo diventa amico di Machiavelli e con lui supera completamente la classicità dell’Umanesimo. Bisogna considerare lo specchio del volto.
Le “Madonne” sono Donne prima di esprimere una misura metafisica. Così nel suo linguaggio letterario. Oltre le lingue delle arti pure insiste il superamento dell’accademismo. Leonardo non segue mai la lezione della accademia.
Nel concetto di spazio, ovvero di tempo imprevedibile e impermeabile si legge la parola della metafora superata da una realtà considerata astratta rispetto alle origini della sua circolarità nelle dimensione dell’uomo nuovo.
Nella poesia o nella favola della poesia tutto ciò è rintracciabile. Ma tutto acquisisce la sua irregolarità dal suo vivere testimoniandosi. La sua biografia è una avventura.
Così nella sua scultura. D’altronde è il Rinascimento che distrae anche la posizione filosofica dalla sua tradizione di uno stanco umanesimo.
Con Leonardo non c’è più Marsilio Ficino. Il greco – romano ha il limite della classicità. Inventa un Rinascimento in cui la rivoluzione dei linguaggi è tutto.
Non crea poesia. Crea, invece, la trasformazione empirica della poesia. Per questo le sue “Madonne” si propongono oltre la teologia. Anche per questo è un eretico in nome di Dio. Empirismo in arte e saperi intrecciati nel pensiero scientifico.
Scienza e ascolto della fede sono una trasparenza in dissoluzione. Così nelle sculture. Così nel trattato sui mondi invisibili.
La invisibilità è una annunciazione dello sguardo nello specchio. Lo specchio si libera del vero per per appropriarsi del relativo certo. Una filosofia senza la quale non sarebbe stato possibile interpretare il mondo irascibile nei confronti del tempo.
Leonardo è l’architetto scienziato che opera senza il righello ma pone in ascolto la percezione. L’idea di bellezza non è assoluta. Le “Madonne” donne esprimono l’assoluto.
I ritratti di donna sono un emisfero di visi, di volti, facce. Una lezione che solcherá tutti i secoli successivi sino a toccare le cavalcate e la morte di Boccioni. E forse anche di Sironi. Certamente di De Chirico. La metafisica di De Chirico proviene dal senso della ragione del metafisico di Leonardo.
Dubbi non ne ho.
Il legame spazio – tempo non è nella forma o nelle forme ma dai mosaici del tempo vulnerabile e incapace di fissare l’istante.
Arte e scienza. Un binomio, questo sì, assoluto. Con Leonardo siamo alla sperimentazione della tradizione.
È chiaro che con lui il tempo di Dante è completamente altro. O meglio, è completamente superato. Leonardo è in quel fascino invisibile che diventerà visibile tra i simboli e gli archetipi:
“La rosa colse la piramide nelle ombre di un orizzonte di stelle
Il sacro e l’alchimia furono anime di sorriso
tra le vergini nella roccia
e lo sguardo di Lisa”.
Leonardo: “Acquista cosa nella tua gioventù, che ristori il danno della tua vecchiezza. E se tu intendi la vecchiezza aver per suo cibo la sapienza, adoprati in tal modo in gioventù, che a tal vecchiezza non manchi il nutrimento”.
Un monito insaziabile che ha il vero epicentro nella concentrazione dei dettagli. Perché sono i dettagli, diceva Leonardo, che fanno la perfezione. Ma la perfezione non è mai un dettaglio. Anche in poesia. Se la pittura è una poesia muta la poesia è una pittura cieca. Un profeta delle arti e delle scienze che trasforma i dettagli in perfezione.
Cercare la perfezione è dare un senso anche al concetto di tempo. Infatti Leonardo ha attraversato il suo tempo superandolo in ogni opera e in ogni attrazione. La perfezione è dare al pensiero una sua visione di illimite.
Così in Leonardo. Ha realizzato “modelli”.
La sapienza di una continuità e non di un fine. È questa l’invenzione che ha dato creatività ai secoli successivi. Una delle caratteristiche velanti della sua opera pittorica resta l’ombra. L’ombra come origine di tutto. In questo tutto si vede l’occhio che si fa finestra dell’anima, ovvero luce.
Quella finestra che è appunto la pittura: “una sottile invenzione, la quale con filosofica e sottile speculazione considera tutte le qualità delle forme: (aire e) siti, piante, animali, erbe, fiori, le quali sono cinte di ombra e lume”.
Lo sguardo e l’ombra costituiscono orizzonti e definizioni in una alchimia in cui gli occhi sono l’empatia del sorriso, delle bocche, delle mani.
L’ombra e il sorriso!
Pierfranco Bruni