giovedì 28 Novembre, 2024 - 7:21:29

“Il Canto della Nostalgia di Tonino Filomena”. La lunga notte insonne nel tempo dei ricordi

La vita porta con sé l’imprevedibilità, l’incognita. L’esperienza drammatica, oscura, del Covid-19 ci ha sorpresi fragili e indifesi a costruire labili certezze e consolanti speranze. Lo straniero inatteso e minaccioso ha mietuto vittime, ci ha atterriti.

Quando la paura abita, fagocita e paralizza, l’inquietudine adombra i tracciati di un cammino fino a quel momento normale poi terra desolata, ci precipita nelle melmose pozze dell’angoscia.

Incontrollabile e tumultuoso, l’inatteso spezza il respiro dei nostri cari, degli amici, degli sconosciuti a noi fratelli.

  • Cosa potrà salvare la notte divorata?
  • Serviranno le parole?

Le parole racconteranno, ci condurranno nel dialogo terapeutico a ricercare il senso, nell’attesa di figure provenienti dalle stagioni della nostra esistenza.

L’Autore, Tonino Filomena, nelle prime pagine del libro, manifesta lo smarrimento derivato dalla tragicità degli accadimenti, ci accompagna nella narrazione con un linguaggio che ha il profumo della familiarità, ci prende per mano rendendoci partecipi e testimoni.

Emblematica è l’immagine di copertina dallo sfondo nero. Un angolo appartato, contenuto. Il letto disfatto e la fioca luce, la sveglia ferma alle ore due nel tempo che sospende.

Mi colpisce l’essenzialità dei dettagli ed il messaggio giunge fulmineo.

Al nocciolo segreto conduce il viaggio nella notte dell’anima. Un percorso di lavoro su se stessi, di riflessione, di recupero valoriale.

La salvezza giunge da lontano. Occorre tornare indietro, riappropriarsi dei valori che hanno edificato la nostra identità, elevare quel sacro regno umile e accogliente quanto il grembo materno, avvolgerlo nel manto della dolcezza che proviene dalla nostalgia. Questa è la via, la meta, l’approdo.

Un libro che si legge d’un fiato, senza interruzioni, fluido come il vento delle emozioni che veicola. Le parole benefattrici corrono nel silenzio, ascoltano l’irrequietezza degli abissi, sgorgano dalla solitudine e dalla malinconia. Tutto nel silenzio possiede voce e volto. La paura dell’ invisibile, l’incertezza del domani disorientano e la fune oscilla tra oscurità e luce, lontananza e ferita, passato e presente. Nel silenzio che accoglie, il pensiero fluisce libero, gli stati d’animo accorrono insieme al mormorìo del vento, ai vicoli del borgo, allo scorrere della vita fuori della stanza, al battito del cuore stanco. Trovare il tempo del silenzio, udire l’io remoto in un percorso memoriale è lenimento all’anima sofferente. Nella solitudine tanto cara ai poeti-la poesia occupa uno spazio importante nell’opera, l’opera stessa in tanti passaggi diviene prosa poetica, oltre al carattere diaristico e introspettivo-nella beata solitudo e nel silenzio della notte giunge il sentimento della nostalgia e il tempo del dolore diviene ricordanza.

I fotogrammi si susseguono riportando in superficie le varie epoche: il bambino che è stato, l’adolescente e le pulsioni, le infatuazioni non corrisposte, gli ideali, la ribellione, la lotta politica di quella che ironicamente l’autore definisce “la peggio gioventù” l’essere voce fuori dal coro scevra da ogni sorta di servilismo ed opportunismo. E ancora l’alto valore dell’amicizia, quella vera, per sempre, come asseriva il padre, la sua sapienza contadina.

Tonino Filomena raccontandosi si denuda senza alcun timore di mostrarsi. L’autenticità della scrittura è l’autenticità dell’uomo.

Pagine toccanti quelle dedicate al paese, quello di un tempo, forte il senso di appartenenza descritto con lirismo.

Anima le vie, i profumi, i personaggi, le storie.

Un paese ora deserto a lui estraneo, un “villagio globale” che poco ha conservato di quel piccolo mondo antico che rimpiange.

Tutto è cambiato, è cambiato il mondo, il paese, è cambiato lui, mai cambierà la voce del padre che risuona con un monito d’importanza inequivocabile “ il paese è quello che porti nel cuore, continua ad amarlo anche se non è il paese che tu vedi”.

Il Canto della Nostalgia seduce e conduce nella fame di verità, nella condivisione di emozioni vissute.

La Nostalgia è ritorno, attesa dei ricordi, scavo di ciò che è stato, è il presente del passato.

Dentro la Nostalgia l’autore viaggia l’erranza.

Giungono i pensieri, rivive i genitori, lo sguardo del padre, gli insegnamenti. Rivive gli occhi della madre persa prematuramente, la corsa con la granita di limone in mano. Sono passaggi d’indicibile sensibilità. È l’anima a muovere la mano sul foglio, le parole sono dettate dall’amore con volontà, dovere di rievocazione. Non moriranno mai i nostri cari se i ricordi andranno a trovarli. Le mancanze si acuiscono nelle antiche stanze, il grande letto, il profumo di borotalco, le immaginette dei Santi, la pagellina della prima Comunione, i Natali, quelli veri di un tempo, adesso sempre più distaccati, freddi.

Nella notte insonne l’autore rivolge al Dio dei credenti domande che mai avranno risposte. Quelle risposte sono dentro le lacrime che salgono al cielo (Rilke)

La Nostalgia è eco ancestrale del luogo primigenio, risposta al pericolo incombente e destabilizzante. La Nostalgia è tanto intensa quanto le esperienze dolorose vissute.

Quando vengono a mancare le figure genitoriali, gli affetti, gli amici a noi cari, diveniamo simili a tronchi amputati senza linfa, non si è mai pronti alla perdita, non c’è un’età della perdita. I legami così forti, viscerali, non spengono la luce, non smetteranno mai di rifiorire le rose, spanderanno per sempre il loro profumo. Le persone amate rimarranno con noi perché grande è il bisogno dell’altro e il cuore attenderà sulla soglia il fruscìo delle fronde, un lampo, un passo, segni della presenza.

Il messaggio del libro risiede nel valore della memoria, della nostalgia che avvolgendo come un mantra, libera, crea, ripara la tela fallata.

Vi sono pagine dedicate alla madre di straordinaria significazione, pagine d’infinito dolore, gesti e profumi mai dimenticati, visioni indelebili.

L’amore di una madre mai cessa, l’amore di un figlio va oltre la morte.

Il dolore si accoglie, si veste di tristezza, ci accompagna, si invoca, attraverso l’accettazione della realtà, il contatto con le sensazioni, le emozioni negative, con il flusso di nostalgie-risorse.

L’autore si riappropria del passato, l’altra vita, la dona al lettore.

La notte di Tonino Filomena è la notte di coloro che leggendola la faranno propria traendone giovamento. Una notte che ha nutrito l’anima, in silenzio le parole operose in cammino hanno narrato, evocato il dolore, quel dolore che sfinisce e gli riporta la madre “la sua anima la sento vicino alla mia”

“Mentre la nostalgia avanza, il suo corpo prende forma. Siamo soli io e lei”

“La notte sta per finire. Penso che questa lunga notte insonne sia stata un dono”

Giunta l’aurora l’autore ci consegna pagine struggenti dedicate a Lei, fonte d’amore, al loro legame indissolubile, mai spento, mai offuscato, al lacerante bisogno di tenerezze spezzate.

Lei, la madre, sempre presente con “la beltà che il tempo non cancella”. Ogni cosa rimarrà impressa nella memoria, nel quotidiano vivere, i gesti interrotti diverranno canto consolatorio, Canto della Nostalgia.

 

Mariangela Costantino

poetessa, scrittrice e critica letteraria. 

(Reggio Calabria)

 

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