sabato 23 Novembre, 2024 - 1:24:53

Il ciclo del viaggio è compiuto Mio capitano

13Non c’è più Robin Williams, l’attore nella tradizione tra letteratura e cinema…

Non c’è più Robin Williams… Prima di ricordarlo ricordandomelo ho taciuto per ore. Anche con me stesso. Ha legato il cinema alla letteratura e la letteratura all’estetica del sogno, morte, viaggio metafisico abitando proprio quella metafisica cara alla mia cultura: da Eliade a Guenon a Zambrano alla magica – alchimia, all’ironia, alla commedia, al teatro, al piccolo ormai grande schermo… Mai affidandosi alla leggerezza inutile, banale, superflua nella vita dei nostri scavi di esistenza…
Da Dante al Santo Graal, dal mito greco al mito del mondo dei faraoni e la rosa dell’attimo è un simbolo barocco che vive la vita del barocco in quel viaggio che compie il segno di verrà la morte e sempre avrà gli occhi della vita… I tuoi occhi…

Fu proprio Robin Williams a farmi rileggere e rileggere e poi rileggere quella “Divina Commedia” di Dante Alighieri che ho sempre ammesso di non amare.
Fu lui a permettermi di entrare in una reinterpretazione di William Shakespeare e di insistere per una rappresentazione teatrale sul mito di Orfeo ed Euridice, che in tempi istituzionali imposi e fu un trionfo…
Fu lui a condurmi, già in età matura, a scavare tra la morte e il sogno… Con un film che avevo scommesso di non vedere e poi non ho più scommesso su nulla perché l’ho rivisto dieci volte… Dieci volte per capire il Dante Alighieri che mi sforzo di renderlo senza ipocrisie… Ma ipocrita resta, il Dante…

Chi, alla fine, mi convinse nel 1998 di vedere quel film aveva perfettamente ragione… In una Roma di una sera d’estate…
Ha la magia e l’alchimia del sogno, ma anche gli archetipi della morte, la volontà di morire dopo aver perso le vite dei figli e dopo essersi perso nell’Inferno del Dante da me odiato e così giunge il sogno che si fa teatro di un’esistenza…

Quel film si chiama: “Al di là dei sogni”, ovvero “What Dreams May Come”, diretto da Vincent Ward e tratto dal romanzo omonimo di Richard Matheson edito nel 1978. In questo romanzo, infatti, c’è tanto Dante e molto Shakespeare, quello de “Amleto”, tanto che il titolo è chiaramente ripreso dalla recita di una vita del monologo straordinario, nella prima scena, che apre il teatro moderno.
Lì, ho dovuto dare ragione alla persona che per settimane mi aveva assillato per accompagnarla a vedere questo Williams.

Da quella sera è stato un ricercare le citazioni, le frasi, i dialoghi e gli altri film del Robin che ho apprezzato, stimato e amato tra un incastro perfetto tra cinema, attore, ribalta, scena e retroscena e letteratura.

Già conoscevo parecchio della sua produzione ma quel film mi immalinconiva… E non voli neppure, appena uscito vederlo per la mia Rubrica sul quotidiano sul quale scrivevo.
E non mi sono fermato a quella sera e quindi non mi sono fermato a rivedere soltanto quel film. Sono anche andato alla ricerca di tutto ciò che avevo perso sino a quella data e delle recensioni scritte, da me, sui film precedenti.

Ho rivisto più volte il famoso “L’attimo fuggente” del 1989, che a suo tempo avevo recensito per il “Secolo d’Italia”, quando scrivevo per la pagina Cinema e Letteratura.
Quell’attimo fuggente che è il saper cogliere lo splendore di una rosa proprio mentre sta cedendo agli attimi che penetrano il sogno di mezza estate.
Ancora Shakespeare, ma soprattutto Orazio.

Sempre e ovunque “Carpe diem…”.
Ma tu mio caro Robin sei andato oltre…
Ho riletto quella recensione. Non cambierei nulla. Una cultura che si fa tradizione e la tradizione che è educazione con lo straordinario canto – recita di “O Capitano Oh mio Capitano”, che ho recitato, in silenzio, in solitudine, io lui (il mio capitano) e mia madre, a mio padre prima di salutarlo per l’ultimo suo viaggio.

Un saluto: “Oh! Capitano, mio Capitano, il tremendo viaggio è compiuto,/La nostra nave ha resistito ogni tempesta: abbiamo conseguito il premio desiderato”, che da Walt Whitman ci porta a Cesare Pavese e da Pavese a Franco Califano di “Ok papà”.
Così arrivai a “Risvegli” del 1990 con Robert De Niro. Un altro film che si deve alla letteratura e alle memorie di Oliver Sacks dell’omonimo libro. E poi al Santo Graal de “La leggenda del re pescatore” del 1991 nel ciclo alto del mondo arturiano. Film che ho recensito ancora per il giornale e per giornali sui quali scrivevo.

Ricordo la bellezza della leggenda, perché ogni linguaggio è una leggenda e mai una leggerezza. Sì, mai una leggerezza, soltanto i mediocri scrittori o gli scrittori che resistono sino a quando resistono i libri deviati pensano che la letteratura e la vita siano un attraversamento di leggerezze…
Soltanto la mediocrità è leggerezza.
Il resto è grandiosità, immensità, profondità, estetica del senso e degli orizzonti…
Gli scrittori alla Calvino non hanno capito nulla della letteratura…

Ancora le grandi tradizioni che campeggiano tra la parola e il cinema.
E così giungo a “Jumanji” del 1995. Una splendida storia e interpretazione, la cui sceneggiatura è tratta ancora da un romano, omonimo il titolo, di Chris Van Allsburg del 1981.
E poi avanti avanti negli anni e ancora avanti sino a “Una notte al museo” del 2006 -2007.
E ancora avanti con “Una notte al museo. La fuga” del 2009, ovvero “Una notte al museo 2”.
E ancora “Una notte al museo 3 – Il segreto del faraone” che è del 2014.
Un film che uscirà negli Stati Unita d’America nel dicembre del 2014, mentre in Italia vedrà la luce nel 2015, mese febbraio.

Insomma c’è sempre un segreto nella vita degli uomini.
Anche in chi nasce recitando, in chi fa della vita dannunziamente un rapporto tra letteratura e cinema. E oltre. Ma Robin è al di là dei sogni in quell’attimo fuggente che riesce ad ascoltare O Capitano e che noi, in silenzio, accompagniamo il suo silenzio con:
“Esultino le sponde e suonino le campane!
Ma io con passo dolorante
Passeggio sul ponte, ove giace il mio Capitano caduto freddo e morto”.

Resto molto legato a Robin Williams e a quella persona che mi ha permesso di leggerlo – vederlo – immaginarlo oltre il mio mestiere di critico letterario e cinematografico di un tempo di passaggio che ormai è stato…
La sua morte mi isola, mi rende isola e nella solitudine non posso che rileggere i versi che ho letto a mio padre in quella notte dove soltanto io e mia madre siamo rimasti a vegliare il capitano nostro… “La nave è ancorata sicura e ferma ed il ciclo del viaggio è compiuto…”.

Pierfranco Bruni

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