I testi di Agostino Gaudinieri sono un modello di una particolarità linguistica che pone al centro una koinè in cui il dialetto della Calabria si intreccia con le forme dialettali di tutto il Sud. Un Sud che parla una contaminazione quasi “meticciata” in cui il dialogare diventa didattica della conoscenza delle varie parlate. Qui ci troviamo di fronte ad una poesia nella quale l’uso della contaminazione è predominate.
La discussione verte proprio sul rapporto, in questo caso specifico, tra l’italiano e il dialetto qualsiasi nostra esperienza è fondata su un sistema di comunicazione e di espressione.
La lingua verbale, tra gli altri tipi di lingua, è quella che occupa una posizione privilegiata, costituisce il mezzo per eccellenza attraverso il quale possiamo capire gli altri e farci capire. Skinner considera il linguaggio come un meccanismo acquisito attraverso sistemi di condizionamento. De Saussure ha definito il linguaggio come capacità di astrazione e dissociazione che stimola la possibilità intellettiva.
In Italia, rispetto ad altri paesi europei, vi è una presenza maggiore di dialetti, afferma Tullio de Mauro, le cui origini vanno ricercate nei vari eventi storici.
La cultura del colonnello Gaudinieri è un punto importante, perché è riuscito a focalizzare la “calabresità”, ma parimenti ha assorbito elementi linguistici di altri territori.
Si nota, appunto, un intreccio e un incontro che pongono come forma comunicante una “sperimentazione”, che è consona a chi è riuscito a capire che la lingua italiana è dentro la pedagogia dei dialetti.
Così come si enuclea nella ricerca di Micol e Pierfranco Bruni il senso di un confronto tra storia e linguaggi.
Infatti il lavoro che qui si presenta nasce chiaramente anche dallo studio che è stato realizzato nel libro “Cinque fratelli” (Pellegrini editore), nel quali si racconta la vita della famiglia Bruni – Gaudinieri e la funzione di Agostino Gaudinieri, militare e intellettuale – storico, ha giocato un ruolo significativo.
La poesia dialettale, nei territori, assume immediatamente una valenza di trasmissione di sentimenti attraverso i codici linguistici. I testi di Gaudinieri pongono proprio questo immaginario come attrazione demoetnoantropologica.
“Demo” ed “Etno” sono due codici didattici e pedagogici che dialogano con le antropologie dei territori.
In virtù di ciò la poesia ha la trasparenza del “sapere” linguistico in una esperienza profondamente emozionale. Una lettura utilissima anche nel mondo della scuola, soprattutto per chi lavora in un territorio in cui la cultura popolare è intrecciata con visioni etniche e tratteggi dialettali forti. Non bisogna dimenticare che Agostino Gaudinieri è una presenza nella storia Italo Albanese. Egli, infatti, è nato in una comunità dell’Arberia calabra: Spezzano Albanese. Le sue radici sono parte sostanziale del suo modulare le dialettiche culturali.
Utilizzare le varie realtà linguistiche come risorsa e non come ostacoli, può integrare l’azione didattica su esperienze di analisi e di ascolto del parlato, rispettando le espressioni di ciascuno nella classe, nella produzione e nella creazione.
Il principio della valorizzazione del patrimonio linguistico – culturale di appartenenza vale per tutti: italiani e stranieri.
Questo può, quindi, essere utile a far integrare meglio coloro che non hanno le loro radici in Italia, e far scoprire l’uguale dignità per restituire la fiducia nella propria comunità e la fierezza delle proprie origini. L’obiettivo di questo lavoro è ben definito nelle articolazioni poste.
Maria Teresa Alfonso
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