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Il Prezzemolo nella tradizione, nella medicina popolare e nelle credenze magiche

Foto di Mimzy da Pixabay

Nei dialetti salentini il prezzemolo è chiamato “putrisinu”, “pitrisinu” “petrusinu” e altri nomi simili, dal greco πετροσέλῖνον (pietra + selinon, ovvero sedano, = “sedano che cresce sulle pietre”). A Martina Franca “marodía”, dal greco μύρον (profumo).

Tutti ne conosciamo gli impieghi in cucina, ma in antichità era usato soprattutto come pianta medicinale. Era utilizzato in medicina popolare come diuretico, e come abortivo; inoltre, per combattere l’alito cattivo e l’inappetenza, e, ancora, per combattere le coliche. Dioscoride ne raccomandava l’utilizzo sia come farmaco utile a facilitare la comparsa delle mestruazioni, che ad alleviare i dolori mestruali. Più in generale, era utilizzato come antidolorifico per svariati malesseri (mal di denti, mal di testa).

Per la cura degli ascessi, si creava un unguento composto di prezzemolo e lumache tritate. Il succo del prezzemolo, invece, era utilizzato per le congiuntiviti. Per alleviare il gonfiore degli occhi, il prezzemolo era utilizzato anche pestato e mescolato all’uovo sbattuto (e quindi applicato sulla parte gonfia).

Amalgamato con mollica di pane bagnato, era utilizzato come cataplasma su contusioni e bernoccoli.

Tra gli svariati usi medicinali, veniva applicato in cataplasmi sulle mammelle per fermare la produzione lattea.

Pestandolo, se ne ricavava inoltre un unguento (ottenuto dalla mescolanza del prezzemolo con acqua di calce, terra rossa, acqua) per alleviare le irritazioni di punture di insetti.

La stitichezza dei bambini era combattuta con una foglia di prezzemolo applicata sullo sfintere.

Radici di prezzemolo spezzettate e bollite in olio erano consigliate come cura per le emorroidi, attraverso applicazione di tale olio sulla parte interessata.

E’ stato utilizzato inoltre come uno dei componenti della Teriaca e del Liquore d’ Assenzio.

I semi triturati del prezzemolo impastati con la sugna erano utilizzati per frizioni sul cuoio capelluto al fine di combattere i pidocchi.

Avendo fama il prezzemolo di pianta abortiva, accadeva spesso nelle campagne che le ragazze, agli inizi di gravidanze indesiderate, ne ingerissero forti quantità, rischiando anche l’intossicazione.

Prezemolo (Petroselinum crispum) Foto di EDDIE LEE da Pixabay

Nella magia popolare europea era considerata una pianta protettiva dei bambini, ai quali era adornato il capo con corone di prezzemolo nel giorno del loro primo compleanno.

Si attribuiva al prezzemolo anche la proprietà di eccitante sessuale, e per questo rientrava nelle composizioni di alcune ricette finalizzate, di tipo magico.

In ambito magico-esoterico veniva impiegato anche, insieme a piante dalle proprietà psicoattive, per altri utilizzi stregoneschi (es. come ingrediente degli unguenti sabbatici o in miscele per fumigazioni atte ad evocare demoni).

Nella magia popolare il prezzemolo aveva impieghi di tipo predittivo: se posto sul cuscino nella notte di San Giovanni, sarebbe apparso in sogno il futuro marito alla ragazza che eseguiva questo rito.

In Mugello si usava gettare nel camino acceso una piantina di prezzemolo per sapere se una persona morta si trovava in paradiso (sarebbe uscito fumo bianco in tal caso), in purgatorio (fumo grigio) o all’inferno (fumo nero).

Se il prezzemolo appariva in sogno, preannunciava l’inizio di una passione. Se appariva triturato, questa scena era predittiva di cambiamenti.

Un rituale di tipo magico-medicinale con utilizzo del prezzemolo era compiuto in Sicilia: per curare le coliche intestinali dei lattanti si mettevano nell’ano steli di prezzemolo cosparsi di tabacco, recitando l’invocazione “Petrusinu, petrusinieddu / squagghia lu latti ti stu carusieddu / petrosinu, petrusinieddu / sdivacaci sta volta lu virrieddu / petrosinu petrosinieddu / sanalu prestu, e curri a Municipieddu “ (prezzemolo, prezzemolino squaglia il latte di questo bambino, vuotagli stavolta il budello; sanalo presto e corri a Mongibello).

Per i greci il profumo del prezzemolo infondeva allegria e stimolava l’appetito; si usava adornarsene la testa durante i banchetti, ma in Grecia come nell’antica Roma la pianta era utilizzata anche come elemento decorativo per le tombe dei parenti defunti. Gli Etruschi lo utilizzavano per riti propiziatori. Fra gli antichi era considerato anche un potente energetico, e per questo motivo veniva dato in pasto ai cavalli da corsa.

La fiaba di Prezzemolina, illustrazione dal web

 

“Prezzemolina” è una fiaba presente nella raccolta di fiabe della tradizione popolare italiana curata da Italo Calvino, e ancor prima nel Pentamerone di Giovambattista Basile. La fiaba narra di una coppia di sposi la cui casa confina con l’orto delle fate. In quell’orto, c’è un meraviglioso prato di prezzemolo. La donna,che è incinta, lo guarda dalla sua finestra e ne sente una voglia irresistibile. Non appena le fate si allontanano, la donna si cala dalla finestra con una scala di seta per raggiungere l’orto e fa una scorpacciata di prezzemolo. Il “furto del prezzemolo” si protrasse per giorni, finchè la donna non fu scoperta dalle fate. La donna si giustificò dicendo la verità, cioè che era gravida e le era venuta voglia di prezzemolo. Le fate dunque le risposero “ti perdoniamo, ma quando avrai un figlio dovrai chiamarlo Prezzemolino o Prezzemolina se femmina, e dopo averlo allevato dovrai consegnarcelo!”. Quando le nacque una figlia, la donna la chiamò Prezzemolina come pattuito con le fate. Venne il giorno che le fate dovevano prendersi la fanciulla, e così fu: Prezzemolina, che urlava di paura e disperazione, fu condotta in una stanza tutta nera, e la fanciulla avrebbe dovuto imbiancarla e dipingervi tutti gli uccelli del mondo, altrimenti le fate la avrebbero mangiata! Prezzemolina era terrorizzata, ma nel bel mezzo del suo pianto le apparve Memè, il cugino delle fate, che le disse: “se mi dai un bacio, la ripulisco e dipingo io la stanza al posto tuo”. Prezzemolina non stette al ricatto e rispose “preferisco essere mangiata dalle fate”. La fermezza della fanciulla piacque a Memè, che in un baleno trasformò la stanza così come le fate la volevano. Così, le fate risparmiarono Prezzemolina ma la sottoposero ad un’altra prova: sarebbe dovuta recarsi al cospetto di Morgana, la regina delle fate, e farsi consegnare da lei una preziosa scatola, la “scatola del Bel Giullare”. Una volta tra le grinfie di Morgana, Prezzemolina sarebbe stata divorata da lei, se non fosse stato che, per una serie di protezioni ricevute da altre magiche creature, la fanciulla riuscì ad afferrare lo scrigno e sfuggire alla crudeltà di Morgana. Così, Prezzemolina superò la prova e poté consegnare alle fate, incredule, la scatola del Bel Giullare. A questo punto le fate ordirono un nuovo tranello per Prezzemolina: la avrebbero buttata dentro le caldaie bollenti nelle quali lei stessa doveva preparare il bucato, quindi la avrebbero cotta e mangiata. Il cugino delle fate però, innamorato della fanciulla, sapendo del crudele intento delle fate ordì un piano per ucciderle. Quando le caldaie iniziarono a bollire, Prezzemolina chiamò le fate che accorsero contente prefigurandosi il “pranzo”: a quel punto, con decisione Memè e Prezzemolina le gettarono nell’acqua bollente. La fiaba termina con il matrimonio di Memè e Prezzemolina che, morta anche Morgana, vanno ad abitare nel castello della regina delle fate.

Se nella fiaba il prezzemolo ha un legame con le fate, per Greci e Romani era sacro agli dei ctoni, e questo è il motivo per il quale era posto come elemento decorativo di tombe e sarcofaghi, sui quali spesso era scolpito. Da qui, deriverebbero anche una serie di superstizioni sul prezzemolo: in Toscana i contadini evitavano di trapiantarlo in casa perché, credevano, così facendo sarebbe morto qualcuno entro l’anno. Altra credenza, era che sradicandolo sarebbe entrato il diavolo nel giardino.

Essendo una pianta di uso comune e molto popolare, il prezzemolo ha ispirato molti detti e proverbi: “è vecchia come il prezzemolo”, è detto di cosa risaputa o di persona venuta a noia. “Come il prezzemolo a ogni minestra” è la persona che si mette in mostra o si intromette in ogni discussione, mentre “il prezzemolo nelle polpette” o “il prezzemolo intorno al lesso” sta ad indicare il superfluo.

Per convincere i bambini a lavarsi le orecchie, un tempo si diceva loro “se non le lavi ti crescerà il prezzemolo nelle orecchie”, rievocando ed esasperando così le caratteristiche di questa pianta, che cresce e attecchisce con facilità ovunque. “Hai il prezzemolo nelle orecchie”, equivale anche a dire “sei sordo”.

Gianfranco Mele

BIBLIOGRAFIA

Domenico Nardone, Nunzia Maria Ditonno, Santina Lamusta:Fave e favelle, le piante della Puglia peninsulare nelle voci dialettali in uso e di tradizione, centro di Studi salentini, Lecce, 2012

Pietro Andrea Mattioli:I discorsi di M. Pietro Andrea Mattioli, medico sanese, ne i sei libri della materia Medicinale di Pedacio Dioscoride Anazarbeo, 1557

Salvatore Pezzella:Magia delle Erbe, Vol. I, Edizioni Mediterranee, Roma, 1983

Enrico Malizia:Ricettario delle streghe, Edizioni Mediterranee, Roma, 2003

Gianluca Toro:Flora psicoattiva italiana, Nautilus, Torino, 2010

Alfredo Cattabiani:Florario. Miti, leggende e simboli di fiori e piante, Mondadori, Milano, 1996

 

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Notizie su Gianfranco Mele

Gianfranco Mele
Sociologo, studioso di tradizioni popolari, etnografia e storia locale, si è occupato anche di tematiche sociali, ambiente, biodiversità. Ha pubblicato ricerche, articoli e saggi su riviste a carattere scientifico e divulgativo, quotidiani, periodici, libri, testate online. Sono apparsi suoi contributi nella collana Salute e Società edita da Franco Angeli, sulla rivista Il Delfino e la Mezzaluna e sul portale della Fondazione Terra d'Otranto, sulla rivista Altrove edita da S:I.S.S.C., sulle riviste telematiche Psychomedia, Cultura Salentina, sul Bollettino per le Farmacodipendenze e l' Alcolismo edito da Ministero della Salute – U.N.I.C.R.I., sulla rivista Terre del Primitivo, su vari organi di stampa, blog e siti web. Ha collaborato ad attività, studi, convegni e ricerche con S.I.S.S.C. - Società Italiana per lo Studio sugli Stati di Coscienza, Gruppo S.I.M.S. (Studio e Intervento Malattie Sociali), e vari altri enti, società scientifiche, gruppi di studio ed associazioni.

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