TARANTO – Nichi Vendola, ex governatore della Puglia e leader nazionale di Sel, è stato rinviato a giudizio nell’ambito dell’inchiesta «Ambiente Svenduto» condotta dalla Procura di Taranto. Lo ha deciso il giudice per l’udienza preliminare Vilma Gilli al termine della camera di consiglio. Vendola è accusato di aver fatto pressioni sull’Arpa, attraverso il suo direttore Giorgio Assennato, perché favorisse i piani dell’acciaieria. In questo modo, sostiene la Procura, Vendola avrebbe consentito all’azienda di continuare a produrre senza riduzioni di emissioni inquinanti, come invece suggerito dall’Arpa in una nota del 21 giugno 2010 stilata dopo una campionatura che aveva rilevato picchi di benzoapirene. Sempre secondo l’accusa, Vendola avrebbe «minacciato» la non riconferma di Assennato, il cui mandato scadeva nel febbraio 2011. I fatti contestati sono compresi nel periodo che va dal 22 giugno 2010 al 28 marzo 2011. La concussione aggravata è contestata a Vendola in concorso con l’ex responsabile Rapporti istituzionali dell’Ilva Girolamo Archinà, l’ex vice presidente di Riva Fire Fabio Riva, l’ex direttore dello stabilimento siderurgico di Taranto Luigi Capogrosso e il legale dell’Ilva Francesco Perli. Secondo gli investigatori i buoni rapporti con Archinà emergono anche da una telefonata tra i due su un litigio avvenuto tra un giornalista e il patron Emilio Riva in merito a una domanda sulle morti a Taranto per cancro.
VENDOLA: «SONO TURBATO, MA MI DIFENDERÒ»
«Sarei insincero se dicessi, come si usa fare in queste circostanze, che sono sereno. Sento come insopportabile la ferita che mi viene inferta da un’accusa che cancella la verità storica dei fatti: quella verità è scritta in migliaia di atti, di documenti, di fatti». Così Vendola reagisce alla decisione del giudice di Taranto. «Io ho rappresentato la prima e l’unica classe dirigente che ha sfidato l’onnipotenza dell’Ilva – prosegue l’ex governatore della Puglia- e che ha prodotto leggi regionali all’avanguardia per il contrasto dell’inquinamento ambientale a Taranto. L’unica mia colpa è di aver cercato di costruire un doveroso equilibrio tra diritto alla salute e diritto al lavoro: ma non credo che questo sia un reato. Mi aspettavo che l’inconsistenza del teorema accusatorio producesse il mio proscioglimento già a conclusione dell’udienza preliminare. Per chi come me crede nei valori della giustizia e della legalità oggi è un giorno di delusione e di amarezza. Ma vado a processo con la coscienza pulita di chi sa di aver sempre operato per il bene comune».
GLI ALTRI NOMI
A giudizio anche altri 46 imputati. Assolti, invece, l’ex assessore all’Ambiente e magistrato Lorenzo Nicastro (che è scoppiato in lacrime alla lettura della sentenza), Donato Perrini e Giovanni Bardaro. Condannati, invece, il sacerdote Marco Gerardo a 10 mesi e Roberto Primerano a 3 anni e 4 mesi. Tutti e cinque avevano chiesto il giudizio con il rito abbreviato.
Nazareno Dinoi sul Corriere del Mezzogiorno
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