Raccontare Specchiarica è raccontare l’estate. Ed in quei giorni di caldo irresistibile, tra lo sferragliare delle auto e gli schiamazzi dei villeggianti, l’asfalto della strada statale è solcato dal passo incessante delle ruote di ogni mezzo di traporto immaginabile: passeggini, biciclette, camion, station wagon piene di famiglie sorridenti. Lungo il cammino che divide la spiaggia dalle bianche case della litoranea, l’attenzione è rapita di continuo da qualche elemento del paesaggio, tanto da non permettere di fissar nulla per più di qualche secondo. Si ammira il colore pastello di un fiore spuntato nella macchia mediterranea quando il suono del vento richiama in fretta lo sguardo verso un’insenatura della costa abbracciata dal mare, fino a quando il garrito di un gabbiano invita ad alzare gli occhi al cielo terso del sud. E così via, passando da una meraviglia all’altra.
Ma un particolare arricchisce lo stupendo affresco con una pennellata di mistero che attrae la curiosità di chiunque si ritrovi a visitare questa spiaggia per la prima volta. Un particolare decontestualizzato, che squarcia l’atmosfera paradisiaca dell’estate per riportare ad una dimensione di sobrietà e riflessione. La torretta militare di Specchiarica è un robusto fungo di cemento per un terzo interrato, del diametro di un paio di metri ed alto appena a sufficienza per permettere ad una persona di starci in piedi. Immerso nella vegetazione è un simbolo storico in perfetto stato di conservazione che da più di settanta anni presidia con dedizione un lunghissimo tratto di mare. E la memoria che conserva riesce ad emozionare ancora oggi mentre lo si osserva e ci si interroga.
Quando si scendono i pochi gradini del suo ingresso non si può fare a meno di provare le sensazioni di tutti coloro che si sono trovati nei decenni ad entrare in quell’anfratto. E così riaffiorano alla mente le speranze e le paure dei militari destinati a condividere quella postazione; la rabbia di un ragazzo scappato da casa in cerca di un rifugio dal mondo; la calma ritrovata da un vagabondo per la scoperta di quell’alloggio di fortuna; la passione di due innamorati finalmente rimasti da soli. Dalle feritoie alte un palmo di mano si ammira con incanto la linea dell’orizzonte che segna il limite del mare cristallino e, volgendo lo sguardo a sinistra, si ritrova l’imponente Torre Colimena da una prospettiva spettacolarmente insolita.
Claudio Galdi
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