L’Italia aderisce alla candidatura multinazionale della “Tecnica dei muretti a secco” in agricoltura. Lo ha deliberato oggi la Commissione italiana per l’Unesco. La candidatura ha come capofila Cipro, che in questo caso trova come partner la Grecia, insieme all’Italia appunto, Spagna, Francia e Svizzera. Sul territorio italiano sono diverse le comunità emblematiche, anche se non esclusive, legate alla tecnica dei muretti a secco. Tra queste, le colture agricole nelle Cinque Terre, quelle in Costiera Amalfitana, Pantelleria, ed in Puglia il Salento e la Valle d’Itria. La decisione è attesa per il 2019.
I muretti a secco sono dei simboli della nostra terra perché ci raccontano come i nostri nonni hanno lavorato la terra per renderla fertile e ospitale caratterizzando i confini di aree agricole e turistiche esclusive come la Puglia. I “muretti a secco” rappresentano uno dei tratti più caratteristici delle campagne pugliesi, da trecento anni a questa parte. I “muretti” costruzioni in pietra che costeggiano le strade delle nostre campagne e cingono i campi agricoli. “A secco” perché si tengono su senza l’utilizzo di materiali leganti, basati solo sul sapiente incastro delle pietre che si trovano sul territorio.
Non esistono più “lu paritaru” italiano, ovvero il costruttore di muretti a secco, nessuno ha voluto più seguire le orme dei propri padri e nonni. Questa antica arte tradizionale è stata abbandonata.
E’ necessario sostenere la battaglia per il riconoscimento dei muretti a secco come Patrimonio Unesco così da poter ottenere anche dalla Regione risorse per la ricostruzione degli stessi. Perché è evidente che la difesa e la valorizzazione di un patrimonio pubblico non posso essere sopportati esclusivamente dai privati.
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