È necessaria l’attuazione di misure idonee a contenere il fenomeno del disturbo della quiete
Giro di vite per la movida che esaspera i residenti del centro storico. Rischia una condanna per schiamazzi il proprietario del locale che non si attiva per limitare la movida in strada, di fronte al suo esercizio. Ma, anzi, la incentiva magari suonando con la porta aperta. Lo ha sancito la Corte di cassazione che, con la sentenza 1128/22, ha confermato e reso definitiva la condanna a carico del proprietario di un bar.
Per i giudici di legittimità, infatti, di cui ha scritto il sito Cassazione.net, rileva Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, il motivo è fondato e, al riguardo, hanno ricordato che “Bene ha fatto il giudice di merito di Bologna a evidenziare, quanto ai rumori esterni al locale, come il proprietario, a differenza dei titolari degli altri tre locali attenzionati, non avesse adottato misure idonee a contenere il fenomeno del disturbo della quiete pubblica arrecato dagli avventori del locale che stazionavano all’uscita del bar, non emergendo la realizzazione di interventi preordinati alla dispersione di assembramenti molesti dinanzi al locale elo ad evitare il consumo di bevande all’esterno, né è emerso che fossero state promosse iniziative di informazione per sensibilizzare degli avventori sull’esigenza di adottare, all’uscita dal locale e nelle immediate adiacenze di esso, comportamenti rispettosi dei diritti dei residenti e tali da non arrecare pregiudizio alla quieta pubblica e privata, né, infine, che per fronteggiare situazioni di intemperanza e contrastanti con le norme poste a tutela della tranquillità pubblica sia stato richiesto l’intervento delle forze dell’ordine”.
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