MANDURIA – Il Nucleo di Polizia Tributaria di Taranto ha concluso una verifica fiscale nei confronti di una società operante nel settore della compravendita di autovetture con sede a Manduria (TA).
I militari hanno contestato una rilevantissima frode all’I.V.A. attuata mediante l’interposizione fittizia di società e l’utilizzo di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti per un ammontare complessivo di 16,6 milioni di euro, con un’evasione di I.V.A. per 3,3 milioni di euro.
L’attività delle Fiamme Gialle è scaturita da precedenti indagini coordinate dalla Procura della Repubblica di Taranto e conclusesi con l’esecuzione di misure cautelari reali a carico degli amministratori di fatto e di diritto dei soggetti economici coinvolti, delle stesse società beneficiarie del sistema di frode, nonché di prossimi congiunti degli indagati cui erano stati intestati beni mediante trasferimenti o separazioni legali fittizi.
Gli ideatori della frode si erano avvalsi di tre entità allocate tra le province di Taranto e Foggia, la cui unica funzione era quella di acquistare formalmente i veicoli, emettere in parallelo fatture fittizie in favore dei reali commercializzatori, per poi scomparire senza versare l’I.V.A. all’erario.
Del resto lo Stato non avrebbe mai potuto eseguire alcuna azione di recupero dell’imposta nei confronti di ditte prive di qualsiasi consistenza economica, finanziaria e patrimoniale.
Chiaramente i venditori effettivi hanno dedotto l’I.V.A. sulle fatture emesse dalle “cartiere”, ottenendo un vantaggio che gli ha permesso di collocare le vetture sul mercato ad un prezzo impraticabile per i concessionari che operano nel rispetto delle norme.
È evidente quindi che simili sistemi di frode alterano le regole della concorrenza e danneggiano gli operatori economici regolari, specie in un momento storico di forte contrazione del settore automobilistico.
All’esito della verifica fiscale è stato pertanto recuperato a tassazione ai fini delle imposte sui redditi, un imponibile di 646 mila euro, quale costo indeducibile perché non inerente l’attività commerciale esercitata, e corrispondente ai compensi pagati alle “cartiere”, sotto forma d’intermediazioni, ma, di fatto, costituenti il prezzo delle fatture fittizie emesse.
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