Uè non c’è la faccio più con ‘sta praivasi. Che porcata. Tu chiedi, per buona educazione, ad un amico, che non vedi e non senti da un millennio, come sta, e quello ti prende a male parole. Ti accusa di violare la sua praivasi. Chiedi, per buona creanza, ad un altro amico, se gli dà fastidio il fumo, e quello ti prende a male parole. Ti accusa di violare lasua praivasi. Poi, imbronciato, te ne torni a casa e ti chiedi: «ma che cacchio è ‘sta praivasi?». Fino a ieri bastava il cane davanti al cancello per tutelare la praivasi. Mo’ hanno inventato perfino il garante, ovvero il fideiussore solidale. Ammazza che cazzata. Ma come si fa a voler tutelare e garantire la praivasi e poi si va in piazza, negli uffici, nelle fabbriche, sui cantieri, eccetera, eccetera a sputtanarsi e sputtanare. I panni sporchi una volta si lavavano in casa propria. Oggi si lavano in Tv: le storie d’amore, le storie di corna, le storie dei tradimenti, le perversioni, eccetera, eccetera. Non c’è più il confessionale. Quello del parroco funziona sempre meno. Le pubbliche confessioni, invece, sono all’ordine del giorno e in tutte le ore. Sono tutti degli intrufolatori. Intendo quelli che s’intrufolano nei rapporti intimi in ogni momento … E’ una continua, incessante istigazione ad entrare nella vita degli altri, nelle mutande del prossimo. E poi parlano e fanno le leggi per tutelare la praivasi. Ma la privasi di chi?! Difendere per difendersi. Ma da chi? Ma se è tutta una presa per il culo.
La privacy, termine britannico traducibile circa con riservatezza, è il diritto alla riservatezza delle informazioni personali e della propria vita privata: the right to be let alone (lett. “il diritto di essere lasciati in pace”). Ahimè che presa in giro. Pensate un po’. C’è pure il Garante della privacy. I compiti del Garante sono definiti dal Codice in materia di protezione dei dati personali (decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196) e da altre fonti normative nazionali e comunitarie. Ahimè. Sto’ Garante interviene in tutti i settori, pubblici e privati, nei quali occorre assicurare il corretto trattamento dei dati e il rispetto dei diritti fondamentali delle persone: in particolare, banche, imprese, lavoro, partiti, pubblica amministrazione. Che fesseria. Ma se è proprio in questi luoghi che la praivasi nasce, cresce, si sviluppa, matura, si diffonde… con il consenso di tutti, in piena allegria.
Difendere la praivasi perciò è un non senso, è un non esistere, è un prendere e prendersi per il culo. Ma se sono proprio loro i primi, ‘sti poveri cristi di politici solitari, tristi e tristemente famosi che cercano di sfogarsi in pubblico dei loro problemi e che fanno salti mortali pur di farsi notare. Altrimenti chi li conoscerebbe e riconoscerebbe. Dalla loro praivasi dipende il loro e il nostro destino. Anche il nostro sì, perché noi, malgrado e nonostante tutto, siamo portati a votarli a secondo i loro umori, la loro salute, la loro affidabilità coniugale, il loro menage. Sono loro che incidono sulla nostra vita privata e non viceversa. Vogliamo sapere tutto di loro e delle loro virtù (poche). Questa è vera democrazia. Democrazia vuol dire garantire il diritto al pettegolezzo e alla pubblica invadenza e indecenza, Democrazia vuol dire farsi i cazzi degli altri. Democrazia vuol dire entrare nella vita degli altri.
Io, per esempio, quando sono al telefono, godo sapendo che c’è un terzo dall’altra parte che ascolta le mie cazzate. Vuol dire che qualcuno mi pensa e mi sorveglia. Forse mi ama. Godo anche quando mi sento spiato e spettegolato. Godo, quando m’ingiuriano, quando congiurano, quando si fanno i fatti miei. Godo e m’illumino d’immenso.
Caro amico che mi leggi e che mi hai spiato: «Fai come me, fatti orecchiare, spiare, scoprire, denudare, controllare. Godrai smisuratamente. Una cosa, però, promettimi di non fare mai. Nemmeno sotto tortura. Non privatizzare la tua praivasi. Non privarti del piacere di manifestare in luogo pubblico i tuoi difetti (pochi), le tue virtù (molte), la tua onestà, il tuo onore, la tua coerenza, la tua dignità. Sempre e in ogni luogo. Negli uffici, nelle fabbriche, nelle campagne, in piazza del popolo. Sempre. Manifesta ciò che sei. L’Essere e non la Maschera.
Tonino Filomena
Pindaro e Nietzsche dicevano: “Divieni ciò che sei!”
Quel che siamo è ciò che siamo chiamati a diventare…
proprio stammattina un mio amico diceva ^l’importante che parlano di me nel bene o nel male se non parlano vuol dire che non conto nulla^ mi sa che aveva ragione…forse non centra nulla con il tuo discorso ma volevo dire che e bello che la gente sappia tutto di me con i miei difetti(molti)e pregi(pochi)cosi ce chi mi apprezza e ce chi mi disprezza l’importante far sapere che esiste…al diavolo la cosidetta praivisi
il problema diviene quando la cosiddetta “gente” o gli “altri” si appropriano di dati o informazioni inerenti la ns vita privata e che noi per qualsivoglia motivo non volevamo rendere pubblici…
sono condivisibili le considerazioni di cui all’articolo pubblicato, ma valgono per persone che hanno attività considerate di pubblico interesse (politici) e affini non la gente comune. Oltre alle norme indicate vi sono gli artt. 616 e 617 del C.P. per il resto c’é solo il buon senso…saluti Ivano