N.B.: gli utilizzi della pianta descritti in questo articolo hanno unicamente valenza documentaria antropologico-folkloristica
La Piantaggine si ritrova facilmente allo stato spontaneo lungo viottoli di campagna, nei prati e nei terreni incolti.
Ha proprietà astringenti, depurative, diuretiche, cicatrizzanti, emollienti, espettoranti, oftalmiche.
Nella medicina popolare il decotto di Piantaggine seghettata (Plantago serraria) si utilizzava per le affezioni degli occhi, mentre la Piantaggine maggiore (Plantago major) veniva cotta e pestata per essere applicata su scottature e contusioni, e sulle emorroidi. Il decotto di Piantaggine era usato anche per curare la dissenteria e le ferite da morsi di animali.
Altri utilizzi del decotto sono riportati come cura delle emicranie, per arrestare flussi sanguigni troppo abbondanti, e per contrastare le infiammazioni agli organi genitali maschili.
L’infuso di foglie era utilizzato contro la diarrea e per dare sollievo in caso di tracheite, bronchite, infiammazioni a gola e mucose orali. Inoltre si utilizzava per sciacqui contro i mal di denti.
Come regolatore dell’intestino e decongestionatore di bronchi e intestino infiammati, venivano utilizzati i semi.
Decotti e cataplasmi venivano applicati per uso esterno su ferite, ustioni, acne, punture di insetti, herpes, emorroidi.
Il succo delle foglie fresche ha goduto di impieghi come collirio.
Alcuni nomi dialettali della piantaggine: lengua de cane, lengua de pecura, recchie te monacu, recchie te lebbra, centunèrvi, cinquenièrvi, pentinèrva, centèrba.
La somiglianza con la forma dell’orecchio o della lingua ha suggerito i nomi dialettali e volgari in uso per questa pianta.
Un ricettario magico la descriveva come una pianta in grado di influire sui cani, per via della sua somiglianza con la lingua del cane (le stesse virtù erano attribuite al Cynoglossum in quanto entrambe le piante vengono chiamate Lingua di cane). Si credeva, a seconda degli impieghi, delle composizioni e delle varianti, che avesse il potere di attirare i cani, o di renderli muti, o di immobilizzarli.
Si credeva inoltre che portare addosso una radice di Piantaggine aiutasse a fortificare la memoria.
Una leggenda vuole che questa pianta sia nata da un essere umano: furono gli dei, a trasformare in piantaggine una fanciulla che per lungo tempo aspettò il ritorno del suo amato, “piantata” sul bordo di una strada.
Per gli antichi anglosassoni la piantaggine era erba sacra e rimedio universale.
Gianfranco Mele
BIBLIOGRAFIA
Domenico Nardone, Nunzia Maria Ditonno, Santina Lamusta Fave e favelle, le piante della Puglia peninsulare nelle voci dialettali in uso e di tradizione, Centro di Studi Salentini, Lecce, 2012
Salvatore Pezzella, Magia delle erbe, vol. 1°, Edizioni Mediterranee, Roma, 1989
Giulia Tedeschi, Ulrike Raiser Il giardino dei semplici. Erbe, tisane e pratiche curative, Edizioni del Baldo, Verona, 2016