Ho scritto più volte e in più occasioni che fino a qualche decennio fa la nostra “piazza grande” si riempiva di coloni e contadini, artigiani e bottegai, salariati fissi e avventizi, colletti bianchi e neri. La Piazza del Popolo ospitava il suo popolo. Tutto intero. Diventava ritrovo, luogo e spazio dell’ascolto. Era un libro aperto. In e su di essa si ascoltava e si scriveva la storia. La storia di Maruggio. Con le sue pieghe e le sue piaghe. Piazza del Popolo accoglieva i sentimenti, i torti e le ragioni della moltitudine. Era un intreccio di passione e poesia. Politica e costume. Arte e recita. Pettegolezzo e ispirazione. Era lo spazio ampio e libero della quotidianità profonda, graffiata, sofferta e festaiola dei nostri Uomini.
Ho scritto che col passare del tempo, impietoso e inesorabile, la piazza come luogo e dimensione esistenziale non sarebbe stata più la stessa. Passando per la piazza i nostri Uomini avrebbero detto a loro stessi: «In piazza non c’è anima viva!» Ma… nonostante tutto, la piazza c’è ancora. Poca ma c’è.
Qualche traccia di essa è rimasta. La piazza non è più la stessa, ma qualcosa e qualcuno si muove. Chi vuole trovare un pezzo della piazza di un tempo andato è invitato a presentarsi nei pressi della (nuova) rotonda non più tardi delle 6.00. Dico bene: alle ore 6.00 di questa bislacca estate. All’alba di ogni giorno la piazza si presenta più o meno “animata”. Alcune anime si incontrano. In verità pochi ma coraggiosi artigiani si radunano per riscrivere la storia dei loro padri, per parlare e parlarsi, per ascoltare e ascoltarsi, per annodare sentimenti, per smoccolare anche… ma con dignità. Alcuni di loro prima di andare a sbattere il muso contro il muro del loro duro lavoro gli piace raccontare e raccontasi. Un quarto d’ora, mezz’ora massimo, non di più, per “aprirsi” con leggerezza e leggiadria alla bellezza della vita. Alcuni di loro, anzi tutti, scherzano, ironizzano, irridono e deridono. Tra di loro v’è un solo colletto bianco (mezzo illuso e mezzo realista) calato nel passato, nel mondo antico, nella Maruggio andata che si popolava intorno alla sua piazza. Un solo scriba intento a catturare le proprie e le altrui emozioni. Pronto a catturare l’attimo fuggente dalla piazza. Al termine di ogni quotidiana e mattutina “adunata sediziosa”, il colletto bianco è grato ai suoi “compagni di piazza”. Lo scrivano, grazie a questi effettivi e affettuosi amici, può godersi un quarto d’ora di irriflessione e qualche imprudenza lessicale… lontana dal burocratese. Che bello ritrovarsi in piazza alle 6.00 del mattino. Che bella la vita nell’incontrare, ogni mattino, alla stessa ora, un pezzo di autentico popolo (sincero e cordiale) che parla il linguaggio dei nostri padri: senza fronzoli, senza minchiate, senza politichese. Che bello incontrarsi con la semplicità e la modestia autentica di Vittorio, Pasquale, Piero, Massimo e… perché no…di Gianfranco (involontario suscitatore di simpatia). Grazie a questa porzione di popolo possiamo ancora sorridere… nonostante tutto.
Tonino Filomena
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