La poesia e la musica. Il linguaggio tra il raccordare le parole e percepire i suoni. Un percorso che ha seguito Pierfranco Bruni nel suo raccontare prima Fabrizio De André in un suo libro la cui prima edizione risale al 2000 (e poi 2002 e 2004) e ora con uno sp0lendido libro dedicato a Franco Califano. Un libro che spazia dal raccordare il dialogo tra poesia e musica sino alla poesia del linguaggio di Franco Califano, ad un anno dalla sua scomparsa.
Comunque parto da una chiosa, che reputo fondamentale, di Gigi Marzullo che firma splendidamente la Prefazione al libro di Pierfranco Bruni dedicato a Franco Califano dal titolo Sulla punta di una matita non sono passati secoli (Il Coscile, tel. 0981 22632).
Così Marzullo scrive: In questo libro linquieto Califano viene annoverato tra i poeti maledetti, uninterpretazione, questa di Bruni, della quale non si potrà fare a meno. Chi ha conosciuto Califano, come me, oggi sarebbe contento di trovarsi tra le parole di Bruni. Il sogno è nella vita. La vita richiama la speranza. La metafora del rito è una speranza che continua. Chi conosce Bruni, come me, sa che questo libro è stato scritto con il cuore e con lapproccio critico di uno scrittore che misura le parole passo dopo passo. Califano ha vissuto la vita, dopo tutto, passo dopo passo.
Condivo parola dopo parola. Tra le pagine che Bruni dedica a Califano si vive una interazione che non è soltanto questione di linguaggio e di struttura critica. Si tratta di una cromatura emozionale. Sensazioni, percezioni, vissuti. Sono tre fessure che raccolgono due vite: quella di Califano e quella di Bruni su due concetti chiave: la malinconia e il rapporto tra amore disamore.
Bruni fa suo Califano. Ma è già nel dato formativo della cultura bruniana, il linguaggio cesellato di un Califano, che attraversa le mediazione e la meditazione della noia per approdare alla consapevolezza del riso del dolore e dellaccettazione di unesistenza giocata sul possibile ritorno e sullimpossibile gioco delle nostalgie.
È un libro, ha ragione Marzullo, importante. Sia perché offre una chiave di lettura attrezzata sul viaggio poetico di Califano sia per lo stesso Bruni. Io che conosco, come Marzullo, Bruni so che dopo questo libro, per lo stesso Pierfranco Bruni, non sarà più come prima. Di tempo ne è passato da Via Carmelitani sino a Paese del vento. Tutto quel tempo che va da Quando fioriscono i rovi a La bicicletta di mio padre sino ad Asmà e Shadi, splendido mosaico di un Oriente e di un mondo magico sciamanico che passa attraverso una piccola plaquette, molto intima, dal titolo Come un volo daquila e prima ancora per un libro appassionante come Ti amerò fino ad addormentarmi nel rosso del tuo meriggio.
Ma Bruni è anche lautore, come già dicevo, di un libro forte su Fabrizio De André. Questo Sulla punta di una matita non sono passati secoli (Il Coscile editore), ovvero Franco Califano, richiama il Cantico del sognatore mediterraneo, ovvero il De André di Bruni, ma gli ultimi capitoli sono una confessione e una lenta sofferenza cucita dentro la sua anima. Potrei dire una resa dei conti che Bruni fa con se stesso. Sono gli ultimi capitoli che lo rendono irripetibile ed hanno una bellezza di parola straordinaria oltre ad avere un marchio che è quello, appunto, di una profonda venatura maledetta.
Bruni, come Califano, diventa anchesso un poeta maledetto proprio nel momento in cui si confronta con un testo nel quale il cantico della preghiera è struggente. È come se Bruni si identificasse in Califano. Ma non è così. Bruni si identifica sempre con se stesso e parla di sé filtrando i suoi compagni di viaggio. Califano è stato il suo compagno di viaggio degli anni universitari in una Roma carnale e amante come avrebbe detto Alberto Bevilacqua, al quale Bruni è stato molto legato.
Questo libro, giunto allimprovviso mentre il suo camminare andava e va oltre e altrove: nei suoi Orienti, scompagina anche chi conosce Bruni, ma bisognava aspettarselo, comunque, che luomo, lo scrittore, il poeta ribelle e costantemente in rivolta resta imprevedibile. Bruni lo è. Nella vita e nel suo mestiere di scrivere, per dirla con il suo amato Pavese.
Non bisogna leggerlo soltanto questo suo Califano. Occorre, necessariamente, sottolinearlo e conservare frasi, brani, concetti. Bruni si recupera in Califano, un Califano, forse meno conosciuto, il Califano poeta.
È un libro che sta riscuotendo ottima accoglienza. Ma il successo di questo libro da dove nasce? Non lo si può chiedere allautore. Sono convinta che tra lanalisi, linterpretazione del testo e un libro sul percorso biografico di Califano Bruni abbia scelto la sensualità delle emozioni. Infatti di emozioni si parla. Anzi Bruni abita quelle emozioni e racconta, con la sua metafora del viaggio, un Califano poeta tra lesistenza e il teatro delle parole.
MiriamKatiaca
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