La questione della verità o non verità della Sacra Sindone, ovvero se sia appartenuta a Cristo, se abbia ricoperto e asciugato il suo corpo, se le impronte e macchie di sangue che vi appaiono appartengano realmente a Cristo, apre una discussione, a tutto tondo, che va ad interessare, come si sa, i seguenti ambiti di ricerca: teologia, antropologia ed archeologia. È fondamentale cercare di interpretare la questione nell’ambito di queste tre funzioni (teologica, scientifica e archeologica) adottando una chiave di lettura pertinente a ciò che può rappresentare la visione antropologica, che si serve di altri strumenti quali l’interpretazione, la lettura emozionale, la valenza delle tradizioni. Strumenti che appartengono anche alla dimensione letteraria, relativamente alla metodologia applicata. Intorno a questo percorso ruota un messaggio che è quello del mistero.
Dopo svariati e attenti studi sulle questioni “verità non verità”, “sacralità non sacralità” della Sindone, ritengo sia opportuno approfondire un nuovo ambito di riflessione, che potrebbe apparire provocatorio, rischioso sul piano “eretico”, controverso nei confronti di un percorso mistico e, sicuramente, non accettabile da un punto di vista teologico. Finora abbiamo sempre considerato la Sacra Sindone essere appartenuta a Gesù, al di là del fatto se le macchie di sangue e ombrature rimandino a un corpo umano.
Conosciamo tutti molto bene la storia di Cristo e Maria Maddalena. Argomento spinoso, poiché va a coinvolgere i concetti di limite, di non limite, di verità, di non verità. Non sappiamo fin dove può giungere la verità scientifica e quella mistico-sacrale. Del resto l’eloquente dialogo tra Cristo e Pilato ci pone di fronte alla visione della dimensione della verità. A questo punto non si può prescindere dal contemplare anche l’aspetto ontologico – metafisico – antropologico.
L’interpretazione antropologica, ontologica, costituisce un elemento di notevole importanza nell’acceso dibattito degli ultimi mesi. Io parto dal presupposto che questo telo, considerato sacro per il mistero che custodisce, sia in realtà il lenzuolo di Maria Maddalena, ossia il suo chitone, la sua veste di tramatura in lino. Riguardo alle macchie di sangue, approfonditi esami scientifici e archeologici, hanno rilevato una contraddizione di fatto, ovvero non tutto rimanda al sangue.
Dopo diversi studi applicati alle immagini mi viene un dubbio, che ulteriori approfondimenti stanno svelando. Non si tratterebbe soltanto di sangue fuoriuscito da ferite, da strozzature, da residue di colpi. Verificando il colore potrebbe essere sangue mestruale. È sufficiente soffermarsi sulla posizione di tali macchie per intuire la reale possibilità di questa “azzardata” idea? Il lino bianco, in quel tempo, era la trasfigurazione di un immaginario post greco. Sangue molto scuro su alcune parti della stoffa. Le altre macchie non riconducibili a sangue umano, a mio avviso potrebbero rappresentare un misto di terra e liquido seminale che giustificherebbe quegli aloni viscosi resi tali anche a causa della particolare filigrana del tessuto.
Su questo telo Maria Maddalena e Gesù si devono essere sdraiati e, per omaggio al loro grande amore, deve essere stato utilizzato anche per asciugare il corpo di Cristo. È probabile che questo lenzuolo portasse con sé delle macchie mai lavate che il sudore del corpo ha reso più evidenti. Il sudore, quindi, avrebbe fissato e impresso sul tessuto, espandendole, tracce già esistenti. Non va dimenticando che tale telo ha ombrature di olio. L’olio di Nardo che apparteneva a Maria Maddalena. È un fattore che chiama in causa proprio una questione prettamente antropologica perché il legame tra immagine e immaginario è una visione in cui la figura cristologica ha senso solo se passa l’idea della appartenenza del telo alla Maddalena.
Proprio in questo consiste l’aspetto antropologico (che si tende a non prendere in considerazione): nel contemplare, da parte della scientificità archeologica, quel legame esistente tra letteratura e non-verità teologica, servendosi dell’apporto della fantasia del mistero e di ulteriori conoscenze che è la tradizione dei popoli post greci e “biblici”.
La fantasia del mistero non è una finzione. È la percezione di alcuni elementi che è possibile cogliere soltanto sul piano antropologico, ovvero antro-fisico. La lettura umana delle ombre di questo lenzuolo ci porta a riconsiderare interamente il legame tra la figura di Cristo e Maria Maddalena. L’unica donna, oltre alla madre, a non averlo mai tradito. La donna che per prima si accorge della sua presenza, o la donna che Cristo ha fatto sì che per prima si accorgesse di lui. L’unica donna che piange per lui lacrime d’amore. È la donna che lo lava con olio di Nardo.
Questa è una considerazione antropologica che va tenuta in debita considerazione. Cristo era nudo, con un panno avvolto sul ventre. Questo lenzuolo ha coperto non soltanto il capo, ma anche il petto, le costole, le spalle di un uomo. Se ammettiamo che sia realmente il lenzuolo che ha avvolto Cristo, bisogna anche accettare il fatto che quello sia sangue umano e prendere in considerazione l’ipotesi, anche se non tutto risponde a una verità epistemologica e scientifica, che il telo possa essere appartenuto a Maria Maddalena, la quale, con ogni probabilità, indossava un chitone (quel tipo di veste che il mondo cristiano ha ereditato dalla cultura greca), sul quale si devono essere fissate impronte che, non pulite nel tempo, sono diventate parte integrante della stoffa stessa.
Questo discorso rientra in una chiave di lettura che pone al centro tre caratteristiche: l’aspetto prettamente scientifico, che è dato dalle elaborazioni sul piano di una archeologia tecnologizzata, l’aspetto antropologico, che va maturando sempre più e che credo debba essere tenuto in considerazione e quello teologico che esula, totalmente, da queste due visioni. È necessario catturare la conoscenza storica di quel periodo e di quel contesto, considerando la tradizione giudaica e quella latina. La conoscenza storica di quel periodo non è data soltanto dai fatti, è data, principalmente, dalla conoscenza di quella comunità e dalla consapevolezza antropologica che si è creata nei secoli tra la figura di Gesù, il mondo giudaico, il mondo romano e la figura di Maria Maddalena, che resta il vero nodo di Gordio per comprendere se realmente quel panno ha asciugato Cristo.
Maria Maddalena e Gesù sono due figure caratterizzanti che vanno oltre la visione dei Vangeli sinottici. Vanno oltre qualsiasi forma teologica entrando nell’implacabile mistero che è una chiave di lettura interessante se si vuole uscire da questo enigma della Sacra Sindone. Ritengo che tutto questo rappresenti un importante elemento di riflessione, e che vada, quindi, riconsiderato il fatto che la Sindone sia appartenuta esclusivamente a una figura maschile, ossia a Gesù, e che le macchie e le ombre presenti siano riconducibili soltanto a lui.
Io sono invece dell’avviso, considerato quanto emerge dagli ultimi miei studi e ricerche approfondite, che la Sacra Sindone possa essere appartenuta a Maria Maddalena. Un telo femminile, dunque, per la grandezza, e che portava già delle macchie che sono poi contraffatte, involontariamente, con quelle del corpo che ha avvolto. Il telo di Maria Maddalena, un telo d’amore, con il quale è stato avvolto Cristo e da qui la figura della Maddalena emerge con tutta la sua singolare personalità. Per approfondire tale argomento non bisogna eludere il legame tra Cristo e Maria Maddalena. La questione dell’olio profumato non è assolutamente da trascurare.
Pierfranco Bruni