È scomparso Luca Serianni. Linguista e studioso dei fenomeni dei linguaggi e italianista. Il suo lavoro sulla grammatica o sulle grammatiche rappresenta un vocabolario nel quale la ricerca della parola lo ha condotto ad un approfondimento speculare e speculativo intorno al legame dell’evoluzione tra parola, appunto, linguaggi e forme. Un meticoloso scavo sull’origine del passaggio tra oralità e scrittura. Spesse volte ci siamo trovati a parlare in convegni dedicati a tali temi compresi quelli di Dante e la lingua.
Proprio la parola – comunicazione nata dall’oralità ha vissuto un passaggio linguistico – antropologico sino a fissarsi come scrittura. Un percorso nel quale Luca, un amico riservato e affettuoso sempre pronto a suggerire consigli, ha creato l’eleganza della parola attraverso il fenomeno – fattore grammaticale. Ovvero una fenomenologia dello stile. Infatti il linguaggio viene vissuto come fenomenologia e non come dato soltanto empirico della vocabolarizzazione del tempo della parola – scrittura. I suo testi sono una testimonianza sicura per comprendere la tipologia delle transizioni tra grammatica e sintassi, espressione linguistica e modello progettuale della italianità come processo di conoscenza.
La lingua come conoscenza. Questo è il perno centrale intorno al quale si determina la sua visione di una lingua moderna che non deve mai perdere la tradizione strutturale delle origini della parola stessa. Un vocabolario è il trait d’unione tra la memoria del linguaggio e il linguaggio nella modernità nei nuovi saperi. In questo il suo dettaglio. Avrebbe voluto creare un museo della lingua italiana.
Tra i suoi libri che hanno dato una svolta anche sul piano filologico si inserisce la “Storia della lingua italiana. Il primo Ottocento”, del 1989. Tracciato proseguito con “Saggi di Storia linguistica italiana”, del 1989 e successivamente “Storia della lingua italiana. Il secondo Ottocento. Dall’Unità alla Prima Guerra Mondiale” del 1990. Ha curato numerosi libri quali la “Storia della lingua italiana” con Pietro Trifone, in 3 volumi, darato 1993-94. Mi è stato sempre utile il suo
“Introduzione alla lingua poetica italiana” del 200, che trovo ancora oggi di una notevole importanza, sul quale spesso proprio con lui ne discutevo.
Sulla storia della lingua e sui condizionamenti provenienti da altri modelli si è soffermato con molta attrazione. Condizionamenti, comparazioni e contaminazioni. Tre aspetti che hanno, in fondo, dettato il progetto di ricerca. Scavare in testi quali: “Viaggiatori, musicisti, poeti. Saggi di storia della lingua italiana” del 2002, “Italiani scritti” del 2003 (che ha visto più edizioni), “Un treno di sintomi. I medici e le parole: percorsi linguistici nel passato e nel presente”, 2005, significa creare delle comparazioni che vanno oltre la linguistica perché si crea, all’interno stesso di questo comparto un legame con diversi particolari che toccano lo scibile culturale complessivo.
Gli ultimi lavori, con il testo su Dante, sono un portato ben articolato all’interno della letteratura e della lingua del vocabolario letterario: “Il sentimento della lingua”. Conversazione con Giuseppe Antonelli, del 2019, “Il verso giusto. 100 poesie italiane”, del 2020, “Le mille lingue di Roma” del 2021, “Parola di Dante” del 2021. Sono una sintesi storica nella umanità delle totalità delle conoscenze dei nuovi approcci linguistici.
Su quest’ultimo libro, in cui il linguaggio di Dante, ovvero la parola di Dante , è il vocabolario – laboratorio di una eredita linguistica che diventa a sua volta identità, ci soffermammo a discutere sul ruolo della parola – metafora – comunicazione dal Duecento di Dante a D’Annunzio anche in occasione dei miei tre testi su Dante apparsi tra il 2020 e 2022. La parola di Dante per Luca Serianni è il tessuto che attraversiamo ancora nel tempo contemporaneo. Dante nel cuore della civiltà della lingua italiana.
Una valenza antropologica nella italianità della comunicazione, appunto, che è immaginario e archetipo di un rapporto tra il tempo della parola e la storia della lingua. Serianni ha seminato conoscenza della storicità del viaggio nelle parole trasmettendo non solo un vocabolario tradizionale nel rinnovamento ma lasciandoci un patrimonio di fedeltà allo stile dei generi letterari. La lingua è spazio, mi ha detto in un incontro a Roma. Lo studio della lingua come manifestazione dei saperi e delle eredità delle parole è il testamento scientifico della sua ricerca. Una lingua. Un uomo.
Era nato a Roma il 30 ottobre del 1947 dove è morto il 21 aprile del 2022. Resta importante il suo invito ai maturandi: “IMPARATE PAROLE NON PER LO SCRITTO MA PER LA VITA”.
Pierfranco Bruni
Vice Presidente Nazionale Sindacato Libero Scrittori
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