Il mare. Il fruscio della risacca. Il profumo di salsedine, il vento e le conchiglie vuote rivoltate dalla marea. Scrigno di misteri, di leggende e di suggestioni, il mare è anche la dimora delle sirene. A loro il mio pensiero è volato l’ultima volta che sono stata in Puglia. Ho fatto il primo bagno e mi sono fermata li, a guardare il mare per ore, immaginando che una di queste meravigliose creature potesse emergere dall’acqua, venirmi incontro e confidarmi i suoi segreti più profondi. Le sirene fanno parte del nostro immaginario ormai da secoli. Ma chi sono? Erano figlie di Acheloo, il più importante delle divinità fluviali, egli possedeva enormi corna di toro e coda di pesce. Mari, fiumi, sorgenti scaturivano da lui. La mitologia racconta che Herakles – Ercole nella mitologia romana – lottò contro questo dio acquatico e gli staccò un corno, e dal sangue sgorgato dalla ferita nacquero le Sirene.
Le sirene compaiono nel canto XII dell’Odissea, quando Ulisse si incatena all’albero maestro della sua nave per fuggire al tranello delle creature. L’ingegnoso stratagemma gli permette di frenare non tanto il suo desiderio sessuale, ma la sua sete di conoscenza. Ulisse è curioso, ma sa che l’inganno della sirena sta nel promettere una conoscenza che l’uomo non possiede; in questi esseri immortali è racchiuso ciò che l’uomo ha da sempre ricercato: il sapere. Ciò che l’uomo stesso brama di sapere è custodito, per assurdo, in un essere che dovrebbe temere, ma che al contempo desidera.
È Hans Christian Andersen, con la famosa fiaba “La Sirenetta” (1837) a diffondere il mito di un amore romantico tra uomo e sirena. Nel mondo dell’arte, superato il medioevo che le usava sui capitelli delle chiese per incutere timore, troviamo la loro raffigurazione sensuale nella pittura del XIX secolo.
Dante Gabriel Rossetti dipinge fanciulle aggraziate con lunghi capelli. Il pettine, con cui le sirene si acconciano sugli scogli, diventa simbolo di sessualità. Non è più solo con il canto, ma anche con la bellezza che le sirene ammaliano i marinai. Un amore, però, destinato a sprofondare negli abissi. Una relazione impossibile, che si concretizza in un solo bacio, simbolo dell’incontro tra uomo e sirena, come ben rappresentato da Gustav Wertheimer nel quadro “Il bacio della sirena”.
Le nostre Sirene erano tre: Partenope, Leucosia e Ligeia e furono trascinate dalle onde al Sud. La più venerata fu Partenope, che viveva nella città del golfo che da essa si diceva avesse preso il nome; un celebre santuario dedicato alle Sirene sorgeva sulla punta della penisola sorrentina. Per altri invece esse attendevano al varco i marinai presso lo stretto di Messina.
In musica, Vinicio Capossela nel 2011 pubblica il suo album “marinai, profeti e balene”, definito dalla critica “un’opera epica in bilico tra musica e letteratura”, all’interno del quale troviamo due brani dedicati alle sirene: “le sirene” e “Pryntyl” che vi suggerisco di ascoltare, al mare, tra la salsedine e il vento, cercandole tra qualche scoglio.
LA SIRENETTA E IL PESCATORE
Da uno scoglio a Cefalù,
si tuffò nell’acqua blu,
riemergendo senza fretta,
una bella sirenetta.
Con la rete stesa in mare
la sorprese un pescatore,
che, vedendola tremare,
fu colpito dritto al cuore.
Fu stregato il pescatore
dal suo canto pien d’amore
sospirò la sirenetta
quando lui la prese stretta.
Fu un amore grande e forte.
Bello scherzo della sorte!
Sirenetta e pescatore
naufragati dentro al cuore:
sirenetta non più pesce,
pescatore non più uomo.
E così puoi ricordare
come tutto può cambiare.
Sirenetta e pescatore,
vinti da quel loro amore,
presto vollero abitare,
fuor di terra e fuor di mare,
sullo scoglio a Cefalù,
senza mai lasciarsi più.
Articolo di Palma Agosta